Il mini Election Day in America: al voto NJ, VA, New York e Maine

Pubblicato il 3 Novembre 2009 alle 11:50 Autore: Andrea Mollica
Il mini Election Day in America: al voto NJ, VA, New York e Maine

di ANDREA MOLLICA

Oggi il mini Election Day con più di 40 milioni di americani chiamati al voto. Ecco le sfide più interessanti, che daranno un quadro più chiaro alle tendenze demoscopiche emerse nell’ultimo anno. I sondaggi rilevano una contrazione del netto vantaggio che ha portato i Democratici tra il 2005 e il 2008 a riconquistare con facilità Congresso e Casa Bianca e ad ottenere ampie maggioranze nelle assemblee legislative  e nel numero dei governatori dei 50 Stati.

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New Jersey

Lo Stato più popoloso ad andare il voto è il New Jersey. Stato incastonato tra la megalopoli di New York e l’area metropolitana di Philadelphia, la prima e la sesta città americane per popolazione, il New Jersey si è sempre contraddistinto per essere uno dei più importanti Swing State, tanto da essere conquistato nel ‘900 22 volte su 25 dal vincitore delle presidenziali. L’imponente crescita demografica delle minoranze etniche ha permesso continue vittorie dei Democratici, che hanno la maggioranza dei Congressmen da ormai 15 anni, che esprimono i 2 senatori del NJ da quasi 30 anni e che controllano circa il 60% dei seggi nell’Assemblea legislativa statale. Da 7 anni i liberal hanno conquistato anche la poltrona di governatore, a rischio come non mai nelle elezioni di settimana prossima. L’incumbent, Jon Corzine, ha vissuto un 2009 orribile, a causa della crisi economica e di alcuni scandali che hanno colpito la sua amministrazione. Attualmente la media Pollster delle opinioni favorevoli/sfavorevoli rileva Corzine sotto il 40%, un valore che significa sconfitta nelle regole della politica americana. La corsa del governatore potrebbe però essere salvata dalla provvidenziale candidatura di un indipendente, Daggett, un ex staffer del Gop dalla forte sensibilità ambientale. L’avversario repubblicano, Chris Christie, ha subito un drastico calo nei sondaggi, che lo rilevavano chiaro favorito alla fine dell’estate. Christie è stato US Attorney dello Stato per l’Amministrazione Bush, e l’eredità dell’ex presidente si è rivelata tossica per l’esponente repubblicano. Attualmente i sondaggi mostrano un esito molto incerto, e con un margine così risicato sarà decisivo lo sforzo del “get out the vote”, la mobilitazione dei propri elettori, che i due partiti metteranno in campo negli ultimi giorni. Il voto d’opinione condannerebbe Corzine, ma il profilo progressista dello Stato e il dominio democratico nelle aree più popolose del New Jersey potrebbero salvare il governatore che proviene da Goldman Sachs.

Virginia

La Virginia, così come il New Jersey, ha sviluppato negli ultimi decenni una tendenza che permette al partito fuori dalla Casa Bianca di vincere la carica di Governatore dello Stato. Se questo trend potrebbe essere bloccato da profilo liberal del NJ, la Virginia è uno Stato ancora lontano dall’esprimere una netta preferenza partitica. L’espansione dell’area metropolitana di Washingon Dc che si estende nella zona settentrionale dell’Old Dominion, ricca di giovani laureati e minoranze etniche, ha permesso ai Democratici di tornare competitivi in uno Stato dal profilo conservatore. Dopo anni di vittorie, che hanno portato due Dems al Senato e la maggioranza liberal nella delegazione della House, ora si prospetta il riscatto dei Repubblicani. L’Attorney General dello Stato, Bob McDonnell, guida i sondaggi con oltre 10 punti di vantaggio grazie a due fattori principali. Il primo è la forte mobilitazione dell’elettorato repubblicano, rinvigorito dall’opposizione a Obama, il secondo è la pessima campagna elettorale del candidato democratico Creigh Deeds. Attualmente le indagini mostrano come l’elettorato alle urne sarà molto più conservatore rispetto a quello che ha permesso la vittoria di Obama e di Mark Warner a novembre 2008 (uno swing di circa 12 punti a favore del Gop), non lasciando così alcuna speranza all’ex senatore statale, fortunoso vincitore di una primaria decisa dall’impopolarità dell’ex uomo macchina dei Clinton, Terry McAuliffe. La valanga repubblicana che si prospetta potrebbe anche portare alla perdita democratica del Senato statale.

New York City

Il sindaco della più grande città  statunitense sarà ancora Michael Bloomberg. L’attuale primo cittadino della Grande Mela veleggia con un vantaggio a doppia cifra sul suo avversario democratico, Bill Thompson, il responsabile finanziario di NY City. Bloomberg, miliardario di simpatie liberal diventato repubblicano nel 2001 per succedere a Rudy Giuliani, ha abbandonato il Gop nel 2007 e correrà da indipendente per il terzo mandato, il primo sindaco ad ottenere questa possibilità. NY City è una città schierata coi Democratici, che contano su circa il 70% degli elettori registrati e dove Obama ha superato l’80% dei voti. I progressisti hanno ottenuto la poltrona di primo cittadino per circa 80 anni su 100 nel secolo scorso, ma dopo gli scontri etnici occorsi all’inizio degli anni ’90 durante il mandato di David Dinkins, il primo sindaco nero di New York, non sono ancora riusciti a ricomporre a livello cittadino la frattura tra l’elettorato afro-americano e le altre componenti della coalizione sociale democratica, molto più che maggioritaria nella quasi totalità delle competizioni elettorali. L’unica zona dove i repubblicani sono forti nella Big Apple è Staten Island, grazie al tradizionale supporto della comunità italo-americana. I nostri antenati scelsero il Gop all’inizio del secolo scorso per la forte conflittualità con gli immigrati di origine irlandese, che hanno dominato per più di un secolo la macchina elettorale dei Democratici newyorchesi. La più che probabile vittoria di Bloomberg, appoggiato dai repubblicani nonostante l’abbandono del partito, toglierà ancora una volta ai liberal il governo della più importante città americana.

Maine

Nel Maine si svolgerà un referendum sui matrimoni gay, ammessi nello Stato del New England da una legge approvata a maggio 2009. Ci sarà così una nuova consultazione a livello statale dopo la Prop 8 della California, dove vinsero gli avversari delle unioni omosessuali. I sondaggi rilevano una prevalenza di chi è contrario a bocciare la normativa, ma i margini sono comunque contenuti. Il Maine ha il classico profilo progressista che si riscontra nel New England, dove hanno sempre dominato i repubblicani moderati e dove lo scontro tra conservatori e liberal si è quasi sempre risolto a favore dei secondi in entrambi i partiti. Obama e la leadership congressuale democratica sembrano comunque non interessati a riproporre uno scontro di carattere nazionale sul matrimonio gay simile a quanto proposto dalla strategia di Rove ai tempi dell’Amministrazione Bush.

Tendenze nazionali

Il primo test elettorale dell’era Obama permetterà di valutare quanto è forte la mobilitazione dei due elettorati. I candidati democratici più importanti, Deeds e Corzine, hanno attuato tattiche molto differenti. Il primo, consapevole della natura conservatrice della Virginia, ha cercato di distanziarsene tra molte contraddizioni, mentre Corzine ha praticamente proposto il santino del presidente in ogni sua apparizione pubblica, unico modo per mobilitare l’elettorato democratico deluso dal suo governatorato. L’esito elettorale chiarirà un dato già noto, ovvero che per gli esponenti del partito che esprime il presidente è praticamente impossibile separare i propri destini da quelli dell’inquilino della Casa Bianca. A New York si svolgerà anche un’interessante elezione suppletiva per il 23esimo distretto dello Stato. Il collegio è di tradizionale appannaggio dei repubblicani, dato il suo carattere rurale, ma la successione del Rappresentante McHugh, entrato nell’Amministrazione Obama, ha scatenato una guerra fratricida nel Gop. Il democratico Owens correrà contro due esponenti di centro destra, uno appoggiato dai repubblicani, la moderata Scozzafava, l’altro dal Partito Conservatore, gemello newyorchese del Gop, Hoffman. La leadership nazionale del Gop si è spaccata, e l’eventuale tonfo di Scozzafava chiarirebbe come ormai a Nordest anche le ultime tracce dell’Eisenhower Repubblicanism sono state cancellate. Martedì ci saranno inoltre le elezioni per il sindaco di alcune tra le più importanti città americane, oltre a NYC. Atlanta, Boston, Houston, Minneapolis , Pittsburgh e Seattle voteranno i nuovi amministratori cittadini. I candidati favoriti o i sindaci uscenti sono democratici, mentre in alcune metropoli è prevista una consultazione ufficialmente non partitica.

Per saperne di più

John King su CNN Politics

Nate Silver su FiveThirtyEight

 


ANDREA MOLLICA, blogger e collaboratore di riviste online, segue da anni la politica americana. Durante gli studi universitari è stato borsista del John Fitzgerald Kennedy Institute for North American Studies di Berlino.