Infarto e ictus più probabili per i nottambuli? Lo studio svedese chiarisce

Pubblicato il 25 Gennaio 2024 alle 17:33 Autore: Claudio Garau
Infarto o ictus, maggior rischio

Lo stile di vita e gli orari in cui si va a dormire e ci alza al mattino hanno un rilievo chiave, per prevenire problemi di salute quali l’ictus o l’infarto. Secondo un recente studio reso noto dall’Università di Goteborg e pubblicato sulla rivista Sleep Medicine, che ha coinvolto 771 uomini e donne con un’età tra 50 e 64 anni, i mattinieri – e coloro che non amano fare le ore piccole – applicherebbero degli orari consoni all’equilibrio quotidiano del proprio organismo, contribuendo a proteggere la salute del cuore e favorendo un invecchiamento senza troppi imprevisti.

Vediamo allora un po’ più da vicino l’analisi offerta dall’ateneo svedese.

Rischio minore di infarto o ictus in base agli orari del sonno e del risveglio: lo studio svedese

Proprio così: chi è nottambulo e, ad esempio, ama vedere film o serie tv fino a notte fonda, aumenta sensibilmente il rischio di contrarre ictus o infarto e ciò per un motivo ben preciso:

  • la malattia della calcificazione delle arterie sarebbe quasi due volte più diffusa in chi va a dormire nel cuore della notte, rispetto a chi si sveglia all’alba,
  • in quanto il ritmo circadiano, vale a dire il meccanismo che regola le funzioni fisiologiche con il ciclo giornaliero di luce e buio, sembra essere di rilievo essenziale per il cuore e i vasi sanguigni durante i primi stadi della malattia

La calcificazione dell’arteria coronarica è un processo nel quale si accumulano depositi di calcio sulle pareti delle arterie coronariche, ovvero i vasi sanguigni che forniscono sangue al cuore.

Lo studio, come accennato, è stato pubblicato sulla rivista Sleep Medicine e ha coinvolto centinaia tra uomini e donne con un’età compresa tra i 50 e 64 anni. Essi hanno indicato le loro abitudini in fatto di orari di sonno e di risveglio, secondo una scala che andava dagli “estremi serali” agli “estremi mattinieri”, mentre il livello di calcificazione delle arterie coronarie del cuore è stato verificato con la cd. tomografia computerizzata.

Le percentuali dello studio svedese su ictus ed infarto

Tra tutti i componenti del test, 144 sono stati individuati come estremi mattinieri e 128 come tipi estremi serali e i risultati sono stati molto interessanti:

  • tra quelli della prima fascia solo il 22,2% presentava una forte calcificazione delle arterie e peraltro era la percentuale più bassa tra tutti i cronotipi esaminati
  • tra quelli cd. estremi serali, invece, coloro che avevano la più alta incidenza di gravi calcificazioni dell’arteria coronarica corrispondeva al 40,6%.

I cd. ‘gufi’ mostrebbero dunque un maggior rischio di andare incontro a problemi di salute cardiovascolare nel complesso, specialmente con l’avanzare dell’età. Ad essere in pericolo è appunto l’arteria coronarica, che avrebbe maggiori probabilità di calcificazione.

Concludendo, la calcificazione delle arterie coronariche è una malattia che può portare a diversi problemi cardiaci. Il processo infatti può rendere le arterie più rigide e meno elastiche, diminuendo la loro capacità di dilatarsi in risposta alle esigenze del cuore, durante lo sforzo fisico. Non solo: la calcificazione può aumentare il pericolo di occlusioni o ostruzioni delle arterie coronariche, compromettendo così il flusso sanguigno al cuore e aumentando il rischio di infarto.

L'autore: Claudio Garau

Laureato in Legge presso l'Università degli Studi di Genova e con un background nel settore legale di vari enti e realtà locali. Ha altresì conseguito la qualifica di conciliatore civile. Esperto di tematiche giuridiche legate all'attualità, cura l'area Diritto per Termometro Politico.
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