Meloni e il redditometro: cronaca completa di una figura di merda

Pubblicato il 27 Maggio 2024 alle 10:13 Autore: Carlo Terzo
Meloni e il redditometro: cronaca completa di una figura di merda

Disclaimer: questo è un articolo di opinione che riflette l’idea personale dell’autore e che non ha subito alcuna revisione o modifica da parte di Termometro Politico.

Nell’ultima settimana gli appassionati di cinepanettoni hanno potuto riassaporare i fasti di “Vacanze di Natale” e “Natale sul Nilo” grazie alla vicenda del redditometro, che per i suoi risvolti farseschi e per la vis comica dei protagonisti sarà ricordata come uno degli omaggi più riusciti al talento drammaturgico di Neri Parenti e dei fratelli Vanzina. Anche ai frequentatori dei social più disattenti non sarà sfuggita la grande querelle di questi giorni, tutta incentrata sul ritorno – poi stoppato – del famigerato strumento che consente all’Agenzia delle Entrate di determinare il reddito complessivo del contribuente passando al setaccio le spese sostenute da quest’ultimo in un determinato periodo d’imposta: in questo modo il fisco può confrontare il reddito dichiarato dal cittadino con il suo stile di vita e stabilire, quindi, quali sono le tasse giuste da pagare.

Ora, c’è chi considera il redditometro un’arma utile per stanare l’esercito di furbetti che negli ultimi dieci anni ha rubato suppergiù mille miliardi dalle tasche di tutti noi (fonte Sole 24 Ore) e chi invece lo giudica un sistema invasivo da Stato di polizia, plaudendo a mani scorticate alla sua soppressione. Ma più che alimentare il dibattito sull’utilità o la dannosità del redditometro, mi preme analizzare l’oscena gestione di questa vicenda da parte del governo Meloni e passare in rassegna, con una dettagliata cronistoria, tutte le fasi che hanno scandito quello che nasce come un clamoroso pasticcio comunicativo a poche settimane dalle europee per poi tramutarsi in un’operazione di propaganda talmente cinica e spudorata da rasentare la circonvenzione di incapace.

21 maggio

Alle 10.37 di una calda giornata primaverile le agenzie di stampa informano che è stato pubblicato in Gazzetta ufficiale il decreto firmato dal viceministro dell’Economia Maurizio Leo – esponente di Fratelli d’Italia e fedelissimo della premier Giorgia Meloni – che riattiva il redditometro a partire dai redditi del 2016. Resuscitando lo strumento sospeso nel 2018 dall’allora governo Lega-5 Stelle, il provvedimento di Leo si pone l’obiettivo di determinare sinteticamente il reddito complessivo delle persone fisiche indicando le informazioni, presenti negli archivi dell’amministrazione finanziaria, che lo Stato può utilizzare per stabilire la “capacità contributiva” dei cittadini.

Nella maggioranza scatta il panico e quelli del centrodestra iniziano ad agitarsi come capitoni sul banco del pesce di Torre Annunziata alla vigilia di Capodanno. La prima a manifestare perplessità se non addirittura “imbarazzo” per il provvedimento voluto da Leo è Forza Italia: fonti azzurre rimarcano la loro storica contrarietà al redditometro e promettono di fare luce sulla questione. Pure la Lega s’incazza, per bocca del capogruppo al Senato Massimiliano Romeo (“proposta strana, chiedete a Fdi”) e del presidente della Commissione attività produttive della Camera Alberto Gusmeroli (“non crediamo a strumenti induttivi di accertamento come il redditometro”). La prima, timida voce a levarsi dalle file dei meloniani è quella di Marco Osnato, numero uno della Commissione finanze di Montecitorio, il quale derubrica i malumori di Forza Italia e Lega a “fibrillazioni da campagna elettorale” e difende la norma di Leo: “E’ un aggiornamento di alcuni parametri” che “peraltro può aiutare la lotta all’evasione”. Intanto le opposizioni partono all’attacco, prima con Alleanza Verdi Sinistra e poi con Matteo Renzi che twitta: “Giorgia Meloni è la premier delle tasse… con lei torna il vecchio redditometro che noi avevamo cancellato”.

Sono le 16.18 quando il viceministro Leo dirama una nota per provare ad arginare lo tsunami che inevitabilmente si abbatterà sul governo Meloni: “Nessun ritorno al vecchio redditometro” ma “più tutele per i contribuenti” con il nuovo decreto, assicura Leo. “Il centrodestra è sempre stato contrario al meccanismo del ‘redditometro’ introdotto nel 2015 dal governo Renzi”, sottolinea il plenipotenziario di Fdi sui temi fiscali, precisando come il suo decreto ponga “finalmente dei limiti” al potere discrezionale del fisco “di contestare al contribuente incongruenze fra acquisti, tenore di vita e reddito dichiarato”, un potere “previsto dall’ordinamento tributario fin dal 1973”. Segue una spiegazione molto tecnica dove il viceministro del Mef, in buona sostanza, spiega di aver colmato un “vuoto” normativo creatosi quando il primo governo Conte nel 2018 abolì il redditometro, stabilendo “che si dovesse emanare un nuovo decreto con dei paletti precisi a garanzia del contribuente”: “Purtroppo – osserva Leo – quel decreto non è mai stato emanato”.

Passano pochi minuti e alle 16.35 interviene direttamente la Presidenza del Consiglio nel disperato tentativo di stoppare un cortocircuito che rischia di offrire agli avversari di Meloni un assist micidiale in piena campagna elettorale europea. Fonti di Palazzo Chigi fanno sapere che il viceministro Leo relazionerà al prossimo Cdm, quello del 24 maggio, sul “superamento del cosiddetto ‘redditometro’ introdotto dal governo Renzi nel 2015”. I buoi però sono già scappati dalla stalla e ora scorrazzano liberi sul verde campo di battaglia della politica. Nelle ore successive si catena una zuffa: Pd, M5S e Italia Viva saltano alla giugulare del governo ma i colpi più dolorosi per Meloni sono quelli che arrivano dagli alleati di Lega (“l’inquisizione è passata da un pezzo”) e Forza Italia. Nel marasma di dichiarazioni annaspano i meloniani, che si avventurano in una spericolata difesa d’ufficio del decreto Leo (“darà più garanzie ai contribuenti”).

22 maggio

Il redditometro è ancora vivo e lotta insieme a noi, ma non si sente molto bene. Maurizio Leo rilascia un’intervista al Corriere della Sera e dice che il ritorno al redditometro “era un atto dovuto”, ma il suo decreto lo rende uno strumento “diverso” che viene incontro “ai contribuenti onesti”. Le rassicurazioni del viceministro non bastano a placare gli animi: i social sono in tumulto e le associazioni di categoria – commercialisti in primis – sul piede di guerra. E così alle 10.14, per la prima volta da quando è scoppiato il caso, Meloni decide di intervenire personalmente con un post su Facebook per assicurare che “mai nessun grande fratello fiscale sarà introdotto da questo governo” e che lei è sempre stata contraria “a meccanismi invasivi di redditometro applicati alla gente comune”. Il cattivone Leo viene convocato alla lavagna: “Mi confronterò personalmente con il viceministro” e “se saranno necessari cambiamenti sarò io la prima a chiederli”. Dunque, Giorgia si offre come soluzione a un problema creato dal suo stesso governo. E nei commenti al post sono in molti a chiedersi: possibile che non sapessi nulla del decreto voluto dal tuo viceministro e compagno di partito?

Intanto continuano a piovere missili dalla maggioranza: per Matteo Salvini il redditometro è “un orrore”, Antonio Tajani dice che ne chiederà l’abolizione al prossimo Cdm. Persino Giuseppe Conte – uno che quando era al governo avrebbe mandato la Finanza coi cani lupo a controllare le aste del fantacalcio – può ergersi a paladino contro lo “Stato di polizia”. Sono ore di tormento. Meloni vede Leo a Palazzo Chigi e a sera – sono le 19.15 – pubblica un video su Instagram per annunciare con tono solenne la grande retromarcia: il decreto “che era stato predisposto dagli uffici del Ministero dell’Economia e delle finanze” (ecco servito lo scaricabarile sul Mef) è sospeso in attesa di ulteriori approfondimenti. Forza Italia e Lega cantano vittoria, ma al Carroccio non basta la sospensione: il partito di Salvini fa approvare alla Camera un ordine del giorno dove si chiede il superamento del redditometro. Fonti di governo confermano che ci sarà un nuovo provvedimento dove è prevista una “modifica radicale” del decreto Leo.

23 maggio

Polemica archiviata? Neanche per sogno. Il redditometro continua a occupare il dibattito politico con un rimpallo di accuse tra Fratelli d’Italia e il resto del mondo. Alle 20.18 Leo finalmente firma l’atto di indirizzo con cui viene bloccata l’entrata in vigore del nuovo redditometro.

24 maggio

In Consiglio dei ministri si svolge la tanto attesa relazione sul redditometro del viceministro Leo, il quale conferma la “non applicazione” del suo decreto. Nel pomeriggio la premier Meloni vola a Trento per partecipare al Festival dell’Economia dove viene intervistata – si fa per dire – da Maria Latella. Ineludibile il tema redditometro, una misura “sulla quale – ribadisce Meloni – siamo stati contrari e siamo contrari”. La norma è stata sospesa “perché la voglio vedere meglio”, prosegue la leader di FDI che non nasconde le sue perplessità sull’opportunità di eliminare tout court l’accertamento sintetico. L’accomodante reggi-microfono avrebbe potuto sottoporre alla presidente del Consiglio qualche quesito, del tipo: cara Meloni, eri al corrente o no del decreto Leo? Com’è possibile che un premier non abbia il controllo sulle norme partorite dai suoi ministri? E ancora: se è vero, come hai detto, che il decreto Leo non ripristinava il redditometro ma anzi offriva “più garanzie” ai contribuenti, perché hai deciso di cassarlo? C’entrano forse le europee e gli ultimi sondaggi non proprio rosei? Ma a una leader sempre più allergica ai giornalisti e alle conferenze stampa – l’ultima risale a gennaio – non si possono più rivolgere domande vere.

25 maggio

L’ultimo capitolo di questo imbarazzante teatrino è il video-monologo di venti minuti che Meloni pubblica sui social alle 12.08 di sabato nell’ambito della sua rubrica social “Gli appunti di Giorgia”, ribattezzata per l’occasione Tele-Meloni a mo’ di sfottò verso il PD. Il format è praticamente identico a quello dell’intervista con la Latella: non ci sono domande. Dal bunker di Palazzo Chigi Giorgia può quindi rilanciare senza contraddittorio la sua propaganda suggerendo due possibili strade per archiviare il redditometro, strumento malefico da distruggere come l’Anello di Sauron, gettato nel fuoco del Monte Fato: “O superare in toto l’accertamento sintetico” (ipotesi già bocciata il giorno prima) oppure “lavorare a una norma che circoscriva questo tipo di strumento ai fenomeni oggettivamente inaccettabili” come i grandi evasori o i finti nullatenenti che girano col suv. Nel frattempo Forza Italia presenta un emendamento al decreto Coesione, in conversione al Senato, per abrogare definitivamente il redditometro. Non è dato ancora sapere se questo meccanismo sarà modificato, annacquato o cancellato una volta per tutte. Quel che è certo, è che la figura di palta resta indelebile.

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L'autore: Carlo Terzo

Opinionista, fieramente liberale. Carlo Terzo è la voce che ognuno di noi, almeno una volta nella vita, ha sentito dentro di sé.
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