Andrea Orcel: “UniCredit uscirà da Generali”. Farà lo stesso anche con Mediobanca? E quando?”

Pubblicato il 19 Giugno 2025 alle 16:36 Autore: Gennaro Fortunato
Palazzo unicredit

Con le sue scelte, l’amministratore delegato di UniCredit sposta gli equilibri nel risiko bancario nazionale. Tuttavia, nella sfida più importante di fare di UniCredit un gruppo europeo di rilievo, emergono difficoltà evidenti.

La posizione di UniCredit su Generali: un’uscita graduale

Andrea Orcel continua a sorprendere con le sue decisioni strategiche. Durante la recente conferenza internazionale dei CEO organizzata da Mediobanca, dove è stato l’unico banchiere a permettere la trasmissione in streaming del proprio intervento, ha annunciato che UniCredit ridurrà progressivamente la sua partecipazione in Generali fino ad uscirne completamente.

Orcel ha motivato questa scelta sottolineando come la quota del 6,7% detenuta in Generali non sia strategica, ma di natura finanziaria. Tuttavia, dichiarare in questa fase l’intenzione di uscire equivale a mandare un segnale chiaro: UniCredit si allontana dalla battaglia per il controllo della compagnia guidata da Philippe Donnet.

Va ricordato, però, che a inizio aprile Orcel aveva votato in assemblea a favore della lista Caltagirone, giustificando il voto con la necessità di una discontinuità nell’attuale governance di Generali. Questo comportamento non corrisponde a quello di un semplice azionista finanziario.

Il peso della presenza azionaria di UniCredit, pari a circa il 4% del capitale (direttamente e indirettamente), ha avuto un ruolo decisivo anche nel rinvio dell’assemblea di Mediobanca deciso dal consiglio di amministrazione guidato da Alberto Nagel. In tale occasione, infatti, la proposta di cessione di Banca Generali sarebbe stata messa in minoranza proprio per la presenza rilevante di UniCredit.

Quindi, nonostante UniCredit dichiari una posizione “finanziaria” su Generali, Orcel non può essere considerato un osservatore neutrale nel risiko bancario. Le sue azioni mostrano una tattica da trader esperto, capace di spostare pesi e misure nei momenti più importanti. Tuttavia, nella sfida più importante di fare di UniCredit un gruppo europeo di rilievo, emergono difficoltà evidenti.

Il golden power e il nodo dell’Ops su Banco Bpm

L’altro fronte aperto riguarda l’offerta pubblica di scambio (Ops) lanciata da UniCredit su Banco Bpm. Il governo italiano ha recentemente risposto alla Commissione europea sulle preoccupazioni legate all’applicazione del golden power in questa operazione, sostenendo che la tutela del risparmio costituisce un tema di sicurezza nazionale.

Il punto centrale è la natura domestica della possibile fusione tra due soggetti italiani, motivo per cui Bruxelles ha espresso dubbi. Il governo italiano, ribadendo la legittimità dell’uso del golden power anche in operazioni tra aziende nazionali, ha inoltre sottolineato che circa il 60% del capitale di UniCredit è detenuto da investitori esteri, soprattutto extra UE.

Di fronte a questa posizione ferma, le probabilità che l’Ops su Banco Bpm possa andare avanti si riducono sensibilmente. Orcel ha infatti confermato che senza chiarezza sull’uso del golden power l’offerta non proseguirà.

Capitale in eccesso e scenari futuri per UniCredit

Andrea Orcel è seduto su una significativa quantità di capitale in eccesso, stimata intorno ai 10 miliardi di euro, come lo stesso banchiere ha dichiarato durante la conferenza. Questi fondi rappresentano una leva strategica importante: possono essere utilizzati per finanziare nuove acquisizioni e far crescere il gruppo, oppure per incrementare la distribuzione di dividendi agli azionisti a partire dal 2027.

Se l’operazione su Banco Bpm e altre acquisizioni di rilievo non dovessero andare a buon fine, la banca si troverebbe di fronte a una scelta limitata: restituire capitale ai soci, che già godono di dividendi ai massimi livelli, o trovare altre opportunità di investimento in tempi rapidi.

Questo scenario apre a un paradosso: un eccesso di liquidità che potrebbe soffocare la crescita di una banca con sede in Italia. Lo stesso problema si presenta per altri gruppi bancari europei, che si scontrano con i vincoli imposti dai governi nazionali.

Sovranismo finanziario e limitazioni alla crescita europea

L’attuale atteggiamento dei governi, che tutelano il risparmio locale a scapito di una più ampia integrazione di mercato, rischia di limitare le dimensioni e le potenzialità delle banche europee.

Questa politica di “sovranismo finanziario” obbliga gli istituti a mantenere una scala contenuta, nonostante sia dimostrato che l’accesso a mercati più ampi e diversificati offrirebbe una migliore tutela agli investitori attraverso una maggiore efficienza e minori costi.

Il governo italiano si allinea con posizioni simili di altri Stati come Germania, Spagna e Portogallo, nonostante tali linee siano in contrasto con le direttive della Banca Centrale Europea e della Commissione europea.

La strategia di Orcel: più operazioni opportunistiche che progetti industriali

In questo difficile contesto, Orcel ha adottato una tattica che gli consente di giocare su più tavoli. Ha separato i grandi progetti strategici, come l’offerta su Banco Bpm e il tentativo di ingresso in Commerzbank (che però è stata respinta dal governo tedesco), da operazioni più tattiche e di breve termine, come quella su Generali.

Finora sembra che il gruppo abbia ottenuto più risultati nelle operazioni tattiche, mentre le iniziative di sviluppo industriale di lungo termine incontrano resistenze e rallentamenti.

Infine, resta aperta una domanda: se UniCredit intende dismettere la partecipazione in Generali, cosa farà con la quota in Mediobanca? E come si posizionerà in vista di un’eventuale offerta su Montepaschi?