Grecia: quando Dio e Putin possono risolvere la crisi

Pubblicato il 30 Maggio 2012 alle 21:31 Autore: EaST Journal

La Chiesa greca ha comunque diversi motivi per guardare alla “nuova Roma”, forse perché al momento versa in condizioni economiche difficili, secondo accordi lo Stato paga il salario ai preti, circa 10 mila, che costano circa 190 milioni di euro l’anno, con uno stipendio di circa mille euro al mese, ma il governo in conseguenza degli accordi per il risanamento delle finanze ha previsto di tagliare i fondi per il loro sostentamento; forse perché i tagli si rifletteranno sui bisognosi assistiti, solo ad Atene forniscono 20 mila pasti al giorno; forse perché mancano i fondi per la manutenzione degli edifici oltre ai preti per dire messa, che vengono sostituiti da volontari laici; si può pensare che lo faccia perché la Chiesa è l’azionista di maggioranza della Banca Nazionale greca, con l’1,5% e ha un rappresentante nel consiglio di amministrazione, o perché il suo patrimonio è stimato in circa 700 milioni di euro, o ancora perché è l’ente privato con maggiori possedimenti terrieri, secondo solo al demanio.

Oppure perché fa parte integrante dello Stato stesso, perché i rapporti tra Stato e Chiesa sono regolati dalla costituzione, la quale sancisce la predominanza della Chiesa Ortodossa in Grecia, basti pensare che fino al 2001 la confessione religiosa era scritta sulla carta d’identità, o ancora, più semplicemente, perché si sente responsabile verso il suo popolo, oggi come nei secoli passati, così travagliati per il popolo greco, e sta cercando, a differenza di molti altri, una via d’uscita da questa situazione.

Da EastJournal

di Marco Marchionni

L'autore: EaST Journal

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