Sulla scommessa del nostro default

Pubblicato il 2 Giugno 2012 alle 19:17 Autore: Carlandrea Poli

Non è questa la sede per dirimere l’antica controversia fra neomonetaristi e neokeynesiani sul ruolo delle Banche centrali e sul ricorso a politiche espansive della moneta per sostenere la domanda. Qui però possiamo dire che il Pdl, proiettandosi ancora con un’impostazione liberale, con un minimo di coerenza sarebbe chiamato a sostenere tesi rigoriste improntate ad un neomentarismo. Il contario pertanto della proposta Alfano-Berlusconi.

Allora perché propongono – con semplificazioni brutali – una simile via d’uscita? I mercati e gli osservatori internazionali un’idea se la sono fatta e fanno coincidere queste ricette con delle scorciatoie.  Il Pdl d’altronde ben poco ha fatto per superare resistenze alle riforme economiche e ai tagli della spesa pubblica.

Ovviamente questo si paga in fatto di credibilità internazionale e di fiducia che è possibile instillare nei grandi investitori e nei principali soggetti economici su scala globale. La furbata per quanto amatissimo sport nostrano all’estero viene giudicata di cattivo gusto.Le uscite di Alfano e Berlusconi, in realtà attualmente possono incidere poco sugli equilibri finanziari italiani limitandosi ad appoggiare e non a presidere il governo, ma restano comunque l’emblema di come la cultura della Seconda Repubblica abbia inteso gestire e riformare il paese.

Potrà risultare ostico dopo averlo osannato per la sua diversa statura intellettuale e da uomo pubblico, ma questa sostanziale irresolutezza e ricerca di un compromesso in scelte facili e pasticciate è passata intatta nelle mani di Mario Monti.

E gli esempi sono abbondati dal novembre scorso. C’è da liberalizzare le professioni e da togliere molti freni alla concorrenza creati dagli ordini? Al massimo si permette agli esercizi commerciali di stare aperti 24 ore su 24. Una piccola conquista di libertà economica, ma nulla in confronto allo strapotere degli ordini di notai, avvocati, commercialisti e – naturalmente – giornalisti. I costi della politica vanno ridotti? I presidenti delle Camere si prendono un impegno, convocano una commissione ad hoc e tutto finisce impantanato. La spesa pubblica va ridotta per consentire di raggiungere costantemente un pareggio di bilancio? Nessun problema, si aumenta la pressione fiscale. Il mercato del lavoro ha bisogno di una migliore competitività? Ecco arrivare allora l’ennesimo compromesso. Così,  per avere un incremento minimo di flessibilità in uscita nelle grandi imprese si irrigidiscono le piccole imprese, proponendo l’introduzione dell’articolo 18 nelle aziende al di sotto dei 15 dipendenti. E varrebbe la pena di scommettere che il solito cattivo genio italiano si metterà in moto per sterillizzare i risparmi potenziali comunicati dal sottosegretario Giarda con la spending review.

Tutte queste ricette ideali di un impostazione liberale sono facilmente ribaltabili. Un convinto socialdemocratico con simpatie keynesiane andrebbe in Europa e chiederebbe gli eurobond, la ritrattazione del fiscal compact e sosterrebbe la volontà di mettere in moto con il deficit spending un’azione di stimolo all’economia.

Benissimo. Il problema di questa tesi è che prima Berlusconi e ora Monti hanno accettato delle regole del gioco di rigore ben lontane da Keynes, per quanto non del tutto vicine a Friedman. Si sono conquistati pertanto  un briciolo di fiducia nei mercati  salvo poi eroderlo nel tempo infrangendo le stesse regole che sembravano avere accettato Berlusconi ha messo nel mezzo mille anomalie e una vita dissoluta, Monti è stato costretto dal Parlamento a frenare molti degli interventi per la crescita e la stabilizzazione del paese annunciati inizialmente.

Il risultato si sta vedendo proprio nei Credit Default Swap. Finita la luna di miele durata nei primi cento giorni il governo Monti – in un contesto internazionale persino peggiore di quando si insediò – fa fatica a resistere alle spinte speculative e alle scommesse sul nostro fallimento dei Credit Default Swap. Dovrebbe chiedersi il perché. Forse promettere ieri e ritrattare oggi, proponendo magari una via d’uscita di compromesso o – peggio ancora – una scorciatoia sta mettendo di nuovo in crisi la credibilità dell’Italia a livello globale?

L'autore: Carlandrea Poli

Nato a Prato il 27/06/1987 giornalista pubblicista, ha cominciato a collaborare con alcune testate locali della sua città per poi approdare al Tirreno. Appassionato delle molte sfaccettature della politica, ha una predilezione per la comunicazione, l'economia e il diritto. Adora il neomonetarismo, l'antiautoritarismo della scuola di Francoforte e prova a intonare nel tempo libero con scarso successo le canzoni di Elisa Toffoli. Su Twitter è @CarlandreaAdam
Tutti gli articoli di Carlandrea Poli →