Quale Europa?

Pubblicato il 28 Giugno 2012 alle 11:45 Autore: Giacomo Bottos

E’ sulla base di queste idee che viene pensata l’architettura dell’Eurozona. Il Trattato di Maastricht (ancora più che l’originario progetto di Delors, che vedeva nell’unione monetaria un mezzo per arrivare all’unione politica e uno strumento per facilitare la convergenza macroeconomica) vede innanzitutto la moneta unica come un fine in sé, logicamente separato dall’unione politica, che rimane auspicabile ma viene rimandata a un futuro indefinito.
Si crea così un modello di unione europea in cui al livello comunitario è affidata la gestione della politica monetaria e di tutti quei regolamenti (il regolamento non è una legge, ma un mero provvedimento amministrativo) che riguardano il funzionamento del mercato comune e al livello statale le competenze rimanenti non ancora cedute al livello comunitario. Ma al contempo i governi non vengono lasciati realmente liberi di intraprendere decisioni politiche nei settori di loro competenza.
Infatti si sceglie di introdurre un modello di Banca Centrale che non deve assolutamente e in nessun caso sostenere direttamente i governi acquistandone il debito, in modo che questi debbano sottoporsi così al giudizio permanente dei mercati. In questa architettura il mercato svolge un ruolo specifico di controllo e limitazione delle scelte politiche possibili.

Questa architettura istituzionale incorpora una precisa filosofia morale per cui la politica è concepita come caratterizzata da un incoercibile tendenza allo speco di denaro pubblico, mentre invece i mercati presentano le qualità morali necessarie per giudicare ponendosi in ultima analisi al di sopra degli stessi elettori (spesso, sempre secondo tale teoria, in preda alla tendenza a cedere alla demagogia e al populismo). Le stesse spese per lo welfare vengono in misura crescente viste come lusso insostenibile.

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Eppure, nonostante decenni di esposizione a queste idee ci abbiano abituato a ritenere valida e indiscutibile l’equazione spesa pubblica = spreco e casta, la possibilità per lo stato di spendere con una certa libertà è qualcosa che può essere funzionale al perseguimento non solo politici, ma anche economici. Non solo perché attraverso l’opera dello stato possono essere realizzate opere e garantiti servizi di utilità collettiva, ma anche perché la spesa pubblica, sopratutto nei momenti di crisi, è in grado di riattivare il ciclo economico e di conseguenza di innescare un circolo virtuoso che porta poi alla sostenibilità del debito stesso.

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L'autore: Giacomo Bottos

Nato a Venezia, è dottorando in filosofia a Pisa, presso la Scuola Normale Superiore. Altri articoli dell’autore sono disponibili su: http://tempiinteressanti.com Pagina FB: http://www.facebook.com/TempiInteressanti
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