Quale Europa?

Pubblicato il 28 Giugno 2012 alle 11:45 Autore: Giacomo Bottos

Il discorso secondo il quale indebitarsi costituisce sempre e comunque una scelta irresponsabile, perché scarica i costi delle scelte presenti sulle generazioni future, è un discorso profondamente ideologico perché, al contrario, il debito può essere (a determinate condizioni) veicolo di crescita e al contempo permette allo Stato e alla politica di perseguire determinati obiettivi di politica economica e sociale.

Si ritiene in genere che l’esplosione del debito italiano negli anni ’80 sia da ricondurre agli sprechi della politica. Ma si tratta di una semplificazioni. Le cause di questo fenomeno furono molteplici e complesse. Negli anni Settanta si avviò, in conseguenza dello shock petrolifero, una profonda ristrutturazione del capitalismo mondiale, che pose le basi per la crescita di nuovi settori, come quello tecnologico e un processo di tendenziale terziarizzazione delle economie occidentali, con delocalizzazione di buona parte delle fasi produttive nei paesi in via di sviluppo con minor costo del lavoro. Questo processo, che andò di pari passo con l’espansione del sistema finanziario, funzionò relativamente bene per circa un ventennio, al prezzo però dell’accumulazione dei pesantissimi squilibri che stanno all’origine della crisi economica iniziata nel 2007 in cui ancora oggi viviamo. All’interno di questo quadro l’economia italiana non riuscì pienamente a riconvertirsi e a modernizzarsi. Le imprese italiane riuscirono però a sopravvivere bene per tutti gli anni Ottanta e mediocremente fino all’inizio della crisi che stiamo vivendo grazie a un sistema “grigio” fatto di aiuti pubblici, evasione fiscale, ristrutturazioni coperte da ammortizzatori sociali impropri (cassa integrazione straordinaria, prepensionamenti ecc.). L’esplosione del debito pubblico italiano va compresa attraverso questo quadro complesso e attribuirla agli “sprechi della politica” rappresenta una grossolana semplificazione.
All’interno di questo quadro ci fu un altro fattore che giocò un ruolo importante. Nel 1981 fu deciso il cosiddetto “divorzio” fra la Banca d’Italia e il Tesoro. Significava che, da quel momento in poi, Bankitalia avrebbe smesso di garantire che avrebbe sottoscritto l’intero importo non assegnato nelle aste dei titoli di Stato (e in generale, acquistato titoli pubblici di qualunque genere). Il meccanismo precedente, nella misura in cui garantiva che, sempre e comunque, l’intero debito sarebbe stato sottoscritto, contribuiva a mantenere bassi i tassi d’interesse che spesso, negli anni Settanta furono addirittura negativi in termini reali. Fino ad allora, infatti, il debito si era mantenuto a livelli piuttosto contenuti in rapporto al PIL.

In seguito a tale riforma, non essendoci più la garanzia della completa assegnazione dell’importo in asta il Tesoro iniziò ad offrire BOT e CCT a tassi molti più elevati (spesso più elevati di quanto sarebbe stato necessario per una ragionevole copertura degli importi offerti), causando, per la sola dinamica degli interessi (e per il successivo crollo dell’inflazione) l’esplosione del rapporto debito/pil. Una delle ragioni di tale brillante operazione fu proprio la volontà di “moralizzare la politica”. E fu alla stessa filosofia che, 11 anni più tardi, fu ispirata l’architettura progettata dell’Eurozona.

Attraverso questo sistema la politica viene scientemente posta in una condizione di impotenza. Attraverso un “vincolo esterno” la si obbliga a una politica di riduzione di spesa che la mette nell’impossibilità di realizzare le sue finalità e i suoi programmi e poi la si incolpa per tale inefficacia.

(per continuare la lettura cliccare su “4”)

L'autore: Giacomo Bottos

Nato a Venezia, è dottorando in filosofia a Pisa, presso la Scuola Normale Superiore. Altri articoli dell’autore sono disponibili su: http://tempiinteressanti.com Pagina FB: http://www.facebook.com/TempiInteressanti
Tutti gli articoli di Giacomo Bottos →