Quale Europa?

Pubblicato il 28 Giugno 2012 alle 11:45 Autore: Giacomo Bottos

Questo modo di pensare sta alla radice anche dell’attuale atteggiamento tedesco nella gestione della crisi. Ci si oppone fermamente a un intervento della Banca Centrale volto a fermare la speculazione, perché si ritiene che la crisi abbia un effetto benefico, in quanto stimolo ad effettuare le riforme. Una sorta di “pedagogia del terrore” che costringerebbe i riluttanti popoli meridionali a diventare finalmente virtuosi. Ma bisogna innanzitutto rendersi conto che sono proprio gli alti tassi di interesse che dobbiamo pagare che, in un periodo come questo, rischiano di innescare una profezia che si autoavvera, capace di portarci fuori strada. E in secondo luogo bisogna chiedersi: quali riforme? Per quali fini? Siamo sicuri che una politica di tagli possa essere in un qualunque senso benefica per il futuro dei nostri paesi? Non sarebbe ben più lungimirante una politica di investimenti, selettivi e mirati naturalmente, che possa incentivare la ripresa e stimolare l’attività economica in nuovi settori innovativi?

Questa è la prospettiva alternativa che va opposta alla visione della Merkel, che tenta di screditare le proposte della controparte, dandone una visione caricaturale e parlando di “crescita a debito”, “pagare il debito con altro debito” e altre espressioni che, facendo leva sulla comprensione che il senso comune ha dei processi economici, ne eludono la complessità e propongono una visione, questa sì, ideologica e populista. L’idea dei “compiti a casa”, la considerazione degli Stati come se fossero famiglie o individui, implica un radicale fraintendimento non solo del ruolo economico dello Stato, ma dell’essenza stessa della politica. E’ il senso di questa essenza che bisogna recuperare.

Ma questo richiederebbe una nuova programmazione a livello europeo, fondata su una profonda revisione istituzionale. Dovrebbe essere l’invertito l’ordine dei fattori tra politica e mercati, ridando alla prima (a una politica comunitaria, nella quale il primato spetti a un Parlamento rafforzato) la facoltà e gli strumenti di definire gli obiettivi di sviluppo, di investimento, di occupazione e di disporre degli strumenti economici e monetari per realizzarli (modificando anche gli obiettivi e lo statuto della BCE). Contemporaneamente andrebbe creato un vero spazio pubblico e un dibattito intellettuale europeo, che esca dalla meschinità delle accuse reciproche e del “leghiamo su scala europea”. Per questo serve il coraggio politico di abbandonare l’idea meccanicistica di un’economia “a somma zero” per cui i paesi del Sud vogliono “i soldi dei tedeschi”, per comprendere che dalle scelte coraggiose di oggi tutti possono guadagnare in futuro. Il tutto non è uguale alla somma delle parti e i costi della realizzazione di una vera europa sarebbero ampiamente ripagati dai vantaggi economici e geopolitici portati da un’unità d’intenti della macroregione europea.

Ma perché questo sia possibile è necessaria una nuova cultura e una nuova fiducia, tra paesi dell’Europa e tra economia e politica. Senza questa svolta purtroppo è difficile vedere una fine al baratro nel quale stiamo precipitando.

L'autore: Giacomo Bottos

Nato a Venezia, è dottorando in filosofia a Pisa, presso la Scuola Normale Superiore. Altri articoli dell’autore sono disponibili su: http://tempiinteressanti.com Pagina FB: http://www.facebook.com/TempiInteressanti
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