L’Europa è in guerra?
[ad]Da più parti si sente ripetere che alla lunga la politica del rigore fiaccherebbe anche i tedeschi.
Tuttavia, si tratterebbe di uno svantaggio a lungo termine, e preceduto da tanti e tali punti positivi da rendere l’opzione in ogni caso appetibile per la Germania.
Come il caso greco e quello spagnolo – e, perché no, anche quello italiano – stanno dimostrando, i Paesi più deboli, messi alle strette, anziché ribellarsi ai diktat e utilizzare il proprio debito come una clava verso i Paesi creditori, stanno progressivamente smantellando stato sociale e asset per tentare di salvare il salvabile… senza tra l’altro alcuna garanzia di successo.
Alcuni Paesi sicuramente esploderanno, come la Grecia; altri forse riusciranno a salvarsi, ma sicuramente a carissimo prezzo.
Nel frattempo i Paesi creditori potranno contare su una serie di vantaggi: in primo luogo un flusso di cassa garantito dalla riscossione del credito, ed in secondo luogo immensi vantaggi sul proprio costo del denaro in termini di apprezzamento dei propri titoli di stato. Se si pensa che cento punti dispread, considerata la mole dei titoli italiani sul mercato, equivale in una differenza di una decina di miliardi di interessi in più o in meno, si capisce la reale dimensione della posta in gioco, indubbiamente superiore a qualsiasi minor introito legato alla crisi delle esportazioni negli Stati più deboli legato alle manovre recessive a cui questi sono stati sottoposti.
Ma anche se qualche Paese dovesse lasciare l’Euro o dichiarare default proseguirebbero i vantaggi per le economie più forti, che in presenza di una moneta pesantemente svalutata, magari in concomitanza con uno Stato affidato ad una sorta di curatore fallimentare internazionale, potrebbero letteralmente fare shopping di asset, industrie e persino territori strategici dal punto di vista militare o commerciale.
Sono lontani i tempi in cui le dichiarazioni di guerra venivano consegnate alle ambasciate dei Paesi nemici, ma non per questo il conflitto che si sviluppa in questi anni in Europa non sembra meno violento e virulento. Il prezzo, in questo momento, non si paga in vite umane ma in progressivo svuotamento di capitali, indipendenza e diritti.
Ed il maggiore beneficiario di questo fenomeno è il Paese che sostiene con maggior forza l’attuale politica. Quasi troppo per pensare ad una semplice coincidenza.