“Ucraina, terra di confine”. Intervista a Max Di Pasquale

Pubblicato il 20 Luglio 2012 alle 09:41 Autore: EaST Journal
ucraina

Il tuo libro è anche un’ottima guida alla storia recente del Paese, e ciò lo rende un prezioso documento giornalistico. Parli diffusamente della Rivoluzione arancione. Cos’è e cosa ne è rimasto oggi?

La Rivoluzione arancione è stata una grande espressione di libertà. Ne è nata una coalizione di governo che per incapacità dei leader, Viktor Yushenko e Julia Timoshenko, non ha mantenuto le promesse di democrazia che la Rivoluzione chiedeva. Il Paese ha però dimostrato di avere gli anticorpi necessari per non essere una seconda Bielorussia. Il fallimento della Rivoluzione ha lasciato molta disillusione ma la restaurazione dell’ancien régime di Yanuchovyc non porterà comunque il Paese verso un autoritarismo di marca lukashenkiana perché nella popolazione si è ormai radicata l’idea della libertà e la consapevolezza di poterla ottenere. Il fallimento della Rivoluzione arancione non è il fallimento delle istanze democratiche, e poi occorre ricordare che furono in molti a mettere il bastone tra le ruote a Yushenko e Timoshenko.

Che genere di “bastoni tra le ruote”?

Anzitutto il conflitto fra i due leader, esasperato dall’architettura costituzionale sorta insieme alla Rivoluzione che però non è un prodotto della Rivoluzione, ma di Kuchma, padre-padrone dell’Ucraina. Delfino di Kuchma era Viktor Yanuchovyc la cui elezione a presidente fu contestata, appunto, da quella che fu detta la Rivoluzione arancione. Prima di concedere la ripetizione del voto Kuchma, allora ancora in carica, impose una Costituzione che genera un costante conflitto di poteri tra Primo ministro e Presidente. Il conflitto di poteri ha aggravato il conflitto personale tra Yushenko e Timoshenko. Quella Costituzione nasce quindi da una imposizione del vecchio leader, in un contesto sociale di estrema tensione: c’era un clima da guerra civile e a Kiev vennero fatti affluire dei minatori del Donbas per “mettere un freno” alle manifestazioni democratiche. Le cose poi si risolsero pacificamente ma il prezzo da pagare fu l’instabilità politica. Altro problema fu la guerra del gas, con cui la Russia impedì l’avvicinamento dell’Ucraina all’Europa che, da parte sua, non fece nulla per evitarlo.

C’è chi dice che la Rivoluzione arancione fu solo una manovra della Cia…

Rispondo che Yanuchovyc, attuale presidente dell’Ucraina, dichiaratamente filo-russo, si avvalse degli spin doctor americani. Il fatto è che in Italia buona parte dell’informazione e della politica sono filo-russe. E non si capisce perché, o forse sì se guardiamo agli interessi di Eni e Gazprom. La stessa Gazprom che offrì a Romano Prodi un posto da presidente dopo aver assunto già l’ex-cancelliere tedesco Schroeder. Prodi ebbe il buon gusto di rifiutare ma è sintomatico dei rapporti tra Russia e Italia.  Prodi, già presidente della Commissione europea, certo non fu tenero con le ambizioni ucraine quando disse che le possibilità dell’Ucraina di entrare nell’Unione Europea erano le stesse della Nuova Zelanda.

Tornando al tuo libro, le città e i luoghi descritti sembrano tutti di grande bellezza. Ma a descriverli sono gli occhi dell’amante o quelli imparziali del reporter?

Non penso che un reporter sia imparziale. Il fascino dei luoghi entra nella persona che scrive. Nel mio libro ho descritto però anche lo squallore. Poi c’è chi può trovare affascinante lo squallore… Ho cercato di rendere la realtà ucraina per quella è, descrivendone le città e l’ambiente. Ci sono posti come la Crimea di assoluta bellezza.

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L'autore: EaST Journal

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