E se la crescita non fosse la soluzione?

Pubblicato il 24 Luglio 2012 alle 19:11 Autore: Matteo Patané

Se la differenza tra un Paese virtuoso ed uno in crisi, quindi, è una gestione più sapiente delle risorse, è altrettanto vero che tali risorse hanno visto un flusso in uscita dai Paesi meno accorti per entrare in quelli più capaci.
È dunque il concetto stesso di virtù che viene messo in discussione: non è vero che Paesi come la Germania hanno attuato una politica di crescita sana a livello assoluto; hanno al contrario saputo sfruttare le debolezze di altri Paesi per conquistare le loro quote di mercato e imporsi sui mercati internazionali. Non sarebbe corretto dire le politiche economiche dei PIIGS destabilizzano l’economia mondiale, perché a tali politiche ha fatto fronte l’atteggiamenti di altri Paesi che, per fare il proprio interesse, hanno acuito le differenze tra centro e periferia d’Europa fino ad un livello insostenibile.
Parlare di virtuosismo, ed è questo il grande cambio di paradigma, diventa errato e ipocrita; al contrario, è corretto parlare di opportunismo, egoismo nazionalista, e naturalmente – inutile negarlo – maggiore efficienza, maggior servizio all’interesse nazionale e maggiori capacità.

Ma l’applicazione di questo nuovo modello non offre solo un modo originale di guardare alla crisi economica; suggerisce anche spunti per l’impostazione e la realizzazione di un sistema economico differente, che dia la priorià alla conservazione delle risorse, all’efficienza, alla ricerca scientifica e soprattutto sveli la natura predatoria delle attuali relazioni economiche e le trasformi in un rapporto realmente collaborativo.
In questo frangente più che mai serve una classe politica forte, indipendente, lungimirante e cittadina del mondo, nel reale significato di questo termine; l’alternativa è il progressivo ritorno ad una società di stampo preindustriale, basata sulla manodopera a bassissimo costo, sulla versione moderna della schiavitù, su un tecnofeudalesimo finanziario dove pochissimi fortunati saranno depositari della stragrande maggioranza delle risorse mondiali.
Saprà la politica rispondere a questa cruciale chiamata?

L'autore: Matteo Patané

Nato nel 1982 ad Acqui Terme (AL), ha vissuto a Nizza Monferrato (AT) fino ai diciotto anni, quando si è trasferito a Torino per frequentare il Politecnico. Laureato nel 2007 in Ingegneria Telematica lavora a Torino come consulente informatico. Tra i suoi hobby spiccano il ciclismo e la lettura, oltre naturalmente all'analisi politica. Il suo blog personale è Città democratica.
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