La Spagna affonda, l’Europa pure, e anch’io non mi sento niente bene

Pubblicato il 26 Luglio 2012 alle 02:13 Autore: EaST Journal

L’austerità non serve alla gente. La Spagna taglia: stipendi, scuola, sanità, posti di lavoro. La gente protesta, minatori e studenti, operai e impiegati, e il governo risponde con proiettili di gomma sparati dalla polizia ad altezza d’uomo. Speranza per il futuro non ce n’è. I numeri parlano chiaro: la disoccupazione è al 24,3%, quella giovanile è al 51,3%. Uno spagnolo su quattro (11 milioni di persone) è a rischio povertà, e il rendimento dei Bonos di nuovo vicino al 7% significa che l’interesse sul costo dei soldi presi in prestito è troppo alto. E’ una strada che porta alla Grecia. E’ quanto accaduto all’Irlanda e al Portogallo. I sacrifici non sembrano portare da nessuna parte, proprio Grecia, Irlanda e Portogallo lo insegnano: l’austerità serve alla Bce, non alla gente. Sembra che gli Stati siano aziende e i cittadini dipendenti, ma non è così: lo Stato è un corpo sociale. Diceva Hobbes che lo Stato “rappresenta l’istanza unitaria  si legittima in base al mandato di autorizzazione degli individui, in cui si realizza il meccanismo della rappresentanza politica”. Oggi gli Stati, a causa della crisi economica, agiscono senza l’autorizzazione dal basso ma in base a norme internazionali e meccanismi finanziari che bypassano la consultazione popolare. E mentre la democrazia retrocede, la Spagna affonda. Chi sarà il prossimo?

La mancanza di una sovranità europea condivisa e sovraordinata rispetto a quella dei singoli Stati impedisce di prendere decisioni comuni e di accompagnare, alle misure di rigore, politiche di solidarietà. Sarebbe il momento di discutere come costruire una vera e propria federazione europea, con un presidente eletto direttamente dai cittadini, un’ingegneria istituzionale comune che veda l’autonomia del paesi membri e un’autorità federale su alcune materie.

La fuffa europea

Invece dai summit europei continua a non uscire nulla. Un nulla misto fuffa:

– una proposta di regolamento al fine di creare un meccanismo di vigilanza unico per il sistema bancario europeo. Sarà data al meccanismo europeo di stabilità (Mes) la possibilità di ricapitalizzare direttamente gli istituti bancari. Si tratta di quella “unione bancaria” richiesta dal presidente della Banca Centrale Europea (Bce) Mario Draghi.

– lo “scudo anti-spread” (prevede che la Bce possa intervenire come agente sul mercato secondario dei titoli di Stato, acquistando tramite risorse del Meccanismo Europeo di Stabilità quelli dei Paesi della zona dell’euro che, pur avendo seguito politiche di rigore e di riforma strutturale, si trovassero ancora sotto pressione da parte dei mercati internazionali)

– i project bond (l’emissione finora definita “pilota” di titoli legati alla realizzazione di progetti infrastrutturali per un valore di 4,5 miliardi di euro, e il riutilizzo e il reinvestimento dei fondi strutturali europei.

– un piano di investimenti su infrastrutture e politiche occupazionali pari a circa l’1% del PIL dell’Ue (120 miliardi di euro) e volto a cercare di rilanciare la crescita economica nell’Unione.

Si tratta di misure finanziarie, nulla di politico. Il bello è che le borse internazionali se ne fregano di queste misure che, evidentemente, “non piacciono ai mercati”. E se non piacciono ai mercati e non piacciono ai cittadini, a che servono? Sono solo timidi tentativi di politica economica comune fatti da una leadership europea di pubblicani buoni per il foro e incuranti della suburra.

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L'autore: EaST Journal

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