Dal Blog: Un’altra musica

Pubblicato il 12 Agosto 2012 alle 12:00 Autore: TP Racconti

“O sarracino, o sarracino, bello guaglioooone…”

Nel pieno di una festa d’estate a Matera, un’orchestra fa ballare tante coppie che hanno superato gli “anta” e si divertono come quando erano un poco più giovani e con meno libertà, ma forse con meno preoccupazioni. Tutta la città è per strada. Via del Corso e piazza Vittorio Veneto sono un grande sfoggio di luminarie a metà tra il Big Ben e il Taj Mahal. Lo struscio ospita di tutto. Famiglie benestanti che chiacchierano tra di loro e salutano altri passanti con cortese cerimonia. Bimbi che mangiano dal croccante allo zucchero filato. Signore anziane che sfoggiano splendidi scialli ricamati per ripararsi dal vento della sera con sobria eleganza. Ventenni con il testosterone a livelli elevati che si danno di gomito e guardano ragazze dall’aria fintamente ingenua. Tutta questa danza, però, non è mai scomposta. Tutto sembra abbia un ordine in un apparente caos generalizzato. Si ride, si beve, si corre, ma tutti compiono queste azioni con la semplice voglia di stare insieme, di godersi la città di sera. Un equilibrio raro a trovarsi in una festa collettiva, quando di solito nella folla c’è sempre qualcuno che eccede.

Il clou è però in piazza del Sedile, alle spalle di San Francesco, stasera adibita a ballo pubblico. Sedie di plastica bianca tipo giardino per riposarsi. Calzoni ripieni di patate e salsiccia innaffiati da birra Moretti. Illuminazione a giorno. E l’orchestra, su un palco dignitoso, che ha iniziato a scaldare gli animi con valzer, mazurke e hully gully, sta passando al repertorio napoletano. Il cantante solista fa anche da animatore, invita le coppie a ballare, lancia battute e spesso fa i complimenti alla voce femminile che gli fa da spalla.

“Un bell’applauso per la nostra brava e bella Sara, forza!”

Sara, brava e bella lo è davvero. Ha poco più di trent’anni, ma lavora con le orchestre da quando ne aveva venti. Nata a Bernalda, come gli avi di Francis Ford Coppola,  è una delle tante ragazze di paese che aveva la camera da letto tappezzata con i poster dei divi e la testa piena di sogni: il canto, il cinema, la tv. Appena maggiorenne, aveva incominciato a seguire un’orchestra di ragazzi del suo paese più grandi di lei perché la musica le piaceva, l’aveva nel sangue. E sapeva cantare. Senza tecnica, perché nessuno gliela aveva mai insegnata. Ma con passione. Finché un giorno Mimmo, il leader dell’orchestra, che la corteggiava da tempo, convinse gli altri che una voce femminile avrebbe dato il tocco che mancava e avrebbe attirato molto più pubblico. Sara entrò a far parte del gruppo e Mimmo sarebbe diventato qualche anno dopo suo marito. L’orchestra era una delle più richieste in provincia,ma non soltanto. Mimmo era del paese, era quindi conosciuto e riusciva a portare a casa i soldi che bastavano per vivere, a differenza di tanti suoi coetanei che ingrossano le file dei disoccupati, oppure si trasferiscono al Nord, o ancora si fanno anche cento chilometri ogni giorno in auto per andare in catena di montaggio a Melfi. Per tutte queste valide ragioni, i genitori di Sara superarono lo scetticismo e dissero “sì” al matrimonio.

Stasera, però, Sara non sta cantando con la sua orchestra, ma con un’altra che per questa festa importante l’aveva richiesta in aiuto. Lei aveva accettato e anche Mimmo era ben contento. In questo momento di crisi più soldi entravano, meglio era. Loro abitavano ancora a Bernalda e spesso riuscivano a fare serate nel tarantino, a Castellaneta, a Massafra. Lavorare con un’orchestra è quasi una missione. Ore di guida con il pullmino, un boccone alle due di notte quando si sbaracca, un motel dove riposarsi qualche ora se non si ha voglia di rifarsi il viaggio di ritorno. E via così. Altro giro, altra corsa. Sara però aveva Mimmo, anche se lavorare insieme, stare a contatto ogni minuto, era un’impresa da titani. Quante litigate, quante scenate di gelosia se qualcuno la guardava o se qualcuna guardava lui. Una festa di piazza a Marina di Ginosa o a Santeramo in Colle non è il palco di Sanremo, ma tutto il paese è lì ed è automatico che a fine spettacolo qualcuno, con la scusa di fare due chiacchiere con i musicisti, ci voglia provare. E gli altri ragazzi dell’orchestra, tutti sposati o fidanzati, ma nessuno con donne al seguito, più volte avevano proseguito lo spettacolo in una stanza di un motel. Probabilmente, pur se di straforo, anche Mimmo. Sara non ne aveva mai avuto le prove, ma ne era più che convinta.

La festa prosegue e il repertorio sta andando verso l’intrattenimento puro, passando alle migliori (o peggiori, dipende dai punti di vista) sigle tv, quando ancora venivano composte apposta. Il cantante accenna Vengo dopo il tiggì di Renzo Arbore e Sara si prepara al coretto. Chissà cosa starà facendo Mimmo in questo momento, pensa. Da un po’di tempo era diventato più assente e meno soffocante. A lei era iniziata a scattare la molla del desiderio di maternità. Aveva provato un giorno a parlargliene, ma lui l’aveva messa dal punto di vista del lavoro: siamo sempre in giro, facciamo nottata e così via. Che avesse un’altra?

“Ma sììììììììììì! Vengo dopo il tiggì…”

Quante persone guardano Sara mentre canta. Lei ha una visione distorta perché i fari puntati in faccia la disturbano, però ogni tanto riesce a fissare qualche spettatore. E nota anche tanti bei ragazzi, evidentemente non in quella piazza per ballare Renzo Arbore, ma per osservare chi lo stava cantando.

In quel momento, Sara si sente davvero bella e attraente. Non le succedeva spesso. Ora, però, è una di quelle volte.

 

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Lo spettacolo è finito e i protagonisti stanno mangiando tutti insieme pizza al taglio. C’è grande allegria, anche se molta stanchezza. Tutti si complimentano con Sara, dalle signore ai loro mariti. Un gruppetto di ragazzi la fissa da qualche metro più in là, ma senza avvicinarsi. Non si sa mai che lei stia con qualcuno dell’orchestra. Peraltro un paio di musicisti, soprattutto Daniele, lanciano ai ragazzi occhiate di avvertimento come a dire: “Non ci pensate nemmeno, che vi facciamo neri”. Sara nemmeno ci bada, è abituata. Si allontana per un momento dal tavolino con le pizze per chiamare Mimmo al cellulare e raccontargli com’è andata.

Il telefono, però, squilla a vuoto finché non entra la segreteria.

Strano, pensa lei.

Nei minuti successivi prova più volte a richiamarlo, ma l’esito è sempre quello. Alla fine si rassegna. Tutto sommato, però, è tardi e quindi Mimmo starà dormendo e non sentirà il suono degli squilli. Perché dovrebbe essere qualcosa di diverso?

Sara ritorna al tavolino dagli altri, barcollando sui tacchi che non sopporta più dopo essere stata in piedi per tutto lo spettacolo. Si accascia sulla sedia e allunga un braccio per prendere il bicchiere di plastica con dentro un po’ di Coca zero. Daniele le lancia uno sguardo malizioso e le dice: “Che è successo, problemi col maritino?”

“No. L’ho chiamato, ma mi sa che sta già dormendo”.

“E fa male”.

Tutti ridono. Anche Sara, che sta al gioco e incomincia a parlare con Daniele. Nessuno ha voglia di andare ancora a letto, nonostante la fatica. L’adrenalina deve ancora scendere. E l’adrenalina, a volte, può giocare brutti scherzi.

La piazza è ormai vuota, a parte il palco che non è smontato perché ospiterà un altro spettacolo domani sera. Per terra, un tappeto di bicchieri di plastica. I musicisti si mettono a tirare calci ai bicchieri e organizzare una specie di partita. Fanno un chiasso pazzesco che contrasta con il silenzio ormai calato sulla città.

Daniele non gioca con loro, ha altro a cui pensare. E decide di puntare tutte le sue fiches. Ora o mai più. Guarda Sara negli occhi e le chiede: “Sei sicura di voler prendere la macchina e tornare a casa a quest’ora?”

Sara non ha la risposta pronta. Ma lui non le toglie lo sguardo di dosso e sembra non abbia fretta. Le sorride con fascino. Si accende una sigaretta e butta il fumo sollevando la testa come a guardare la notte stellata. Poi torna a fissarla. Finalmente, Sara gli risponde.

“Fai così con tutte? E’ la tua tattica?”

“No. Mi impegno soltanto quando ne vale la pena”.

“ E sei così sicuro che ne valga la pena?”

“Io sì. Fossi tuo marito, non ti lascerei da sola con un bel musicista”.

Sara ride, in tono nervoso, e risponde: “Questa è buona! Mio marito è molto più bello di te”.

“Può darsi, ma ora non è qui. Io, invece, sì”.

Daniele rompe gli indugi, la stringe a sé con un gesto veloce del braccio e la bacia. Sara tenta di resistere per un attimo, ma alla fine si abbandona. Un bacio lungo e appassionato, che sa di focaccia alle olive, Coca zero, Camel lights e voglie represse. Un bacio che Sara non ricordava da tempo. Un bacio di quelli che si danno per conquistare.

Come se stessero chiudendo un pezzo che stavano suonando sul palco, gli altri ragazzi dell’orchestra interrompono con perfetto tempismo la loro partita di calcio coi bicchieri di plastica e si fermano a guardare la scena, che dura parecchi minuti. E’ Sara a staccare per prima le labbra da quelle di Daniele. Un secondo dopo, l’orchestra esplode in un applauso goliardico, seguito da un “Da-nie-le! Da-nie-le!” di gruppo. Uno dei ragazzi dice: “Daniè! Sempre tu il più fortunato, mannaggia a te!”

Daniele guarda Sara come a scusarsi per i suoi compagni. Lei gli sorride, gli tende una mano che lui prende delicatamente e bacia con una dolcezza particolare, quasi da quindicenne. Sara lo lascia fare ancora un po’, ma quando lui si avvicina alla sua bocca per baciarla nuovamente, lei, con un improvviso colpo ad effetto, si scansa, si alza in piedi con dolcezza, lo guarda e gli dice: “Grazie, ma ora è tardi, vado a casa”.

Era l’unica risposta che Daniele, dopo un bacio dove ha dato tutto se stesso per mostrare le sue qualità, non si sarebbe mai aspettato. Rimane di pietra, mummificato sulla sedia. Sara prende la borsa e sta per andare a salutare gli altri. E’ in quel momento che Daniele finalmente capisce che la ragazza non sta scherzando e si alza per raggiungerla e parlarle.

“Ma dove vai?”

“A casa, te l’ho detto”.

“E mi lasci così?”

“E come ti devo lasciare? Ci siamo dati un bacio”.

“Ma io…pensavo di piacerti”.

Sara lo guarda con un misto di tenerezza e serietà. E gli risponde: “Sì, mi piaci. Molto. Ma per me finisce qui, non te la prendere. Non è colpa tua”.

Daniele, invece, reagisce male e la incalza: “Che c’è? Ti vergogni? Hai paura che si sappia in giro? Hai paura di fare tuo marito cornuto?” e avanti in questo modo.

Sara non si scompone e si limita a scuotere la testa. Saluta gli altri con un semplice cenno della mano e un sorriso appena abbozzato. Alcuni dei musicisti si avvicinano a Daniele, che continua a offendere la ragazza scioccamente, cedendo all’orgoglio del maschio ferito, e cercano di calmarlo. Sara si volta e si mette a camminare verso l’auto. Man mano che i suoi passi aumentano, le voci dei suoi compagni di spettacolo sono sempre più un lieve brusio, che infine si dissolve nella pace della notte.

Sara si mette a guidare senza fretta verso casa. Le fa compagnia un cd di Elisa, la sua cantante preferita. Le aveva anche inviato un demo. Pensa che potrebbe farne un altro e ritentare. Sorride. Questa notte è riuscita a fare una cosa che non avrebbe mai pensato di essere capace di fare: baciare un altro uomo, diverso da suo marito. Forse l’ha fatto per ripicca, perché Mimmo non ha risposto alle sue telefonate. Non ha importanza . L’ha fatto, le è piaciuto e non se ne è pentita. Ora si sente più forte e sente di amare ancora Mimmo. L’ha capito dando un bacio a un musicista carino e seduttore conosciuto poche ore prima. E adesso, è pronta per affrontare suo marito, parlare con lui di ciò che non va, dirgli con chiarezza perché sta con lui e quali progetti vuole fare insieme a lui. Pronta ad andare avanti e a ricevere, perché no, qualsiasi tipo di risposta.

Sara è sulla statale verso Bernalda. Guida verso est e all’orizzonte si scorgono i primi bagliori dell’alba.

Dall’autoradio, Elisa canta Ti vorrei sollevare.

E mentre anche lei sta per cantare il ritornello, il suo telefono squilla.

di Davide Valenti