L’intervista. Il pastore Jones: “Obama sta distruggendo lo spirito americano”

Pubblicato il 4 Settembre 2012 alle 21:42 Autore: Daniele Curcio

L’intervista. Il pastore Jones: “Obama sta distruggendo lo spirito americano”

Il pastore Terry Jones sarebbe uno dei tanti semplici predicatori di provincia negli Stati Uniti. Guida una piccola chiesa a Gainesville, la città universitaria e progressista dove ha sede l’Università Statale e dove, forse pochi sanno, fu inventata la famosa bibita “Gatorade” (che prese il nome, per l’appunto, dal “gator”, alligatore, simbolo dell’università locale). 

Diciamo sarebbe perchè, pochi mesi fa, ha raggiunto la ribalta nazionale quando, come segno di protesta nei confronti del Presidente Obama e della sua politica “troppo tollerante” nei confronti del mondo arabo minacciò e infine organizzò il “Burn a Coran Day”. Numerose copie del libro sacro dell’Islam vennero bruciate nel cortile della sua chiesa, creando scompiglio e indignazione a livello planetario. 

Una pazzia, penserete voi. E tale sarebbe rimasta, dopo aver fatto notizia per qualche giorno, sarebbe finita nel dimenticaio ma il Pastore Jones non si è fermato. E’ di poche settimane fa la notizia che, nello stesso cortile, era comparsa un’effige del Presidente Obama “impiccato” a un patibolo con la scritta “Obama sta uccidendo l’America”. 

E ora, nel pieno della campagna elettorale che si concluderà il 6 Novembre prossimo e che sancirà la riconferma di Obama a presidente o l’ascesa del repubblicano Mitt Romney, il pastore Terry Jones decide di lanciare la sua ultima provocazione: “Mi candido Presidente”. 

Pastore Jones, le sue azioni e visioni “estremiste” sul rapporto che il mondo occidentale dovrebbe avere con l’Islam hanno creato scompiglio e indignazione nell’opinione pubblica, cosa le ha fatto credere che fossero necessarie? Dopo le numerose critiche ricevute ritiene che fossero ancora la cosa giusta da fare, o forse si rende conto di “aver superato il limite”?

Ciò che mi ha convinto sulla necessità di tale azione è la condizione in cui versa il mondo. Non sono una persona “con le bende sugli occhi”, ho viaggiato molto dall’Asia, all’Europa, all’Africa e, quando sono tornato negli Stati Uniti dopo trent’anni da “pellegrino”, non ho potuto che notare la condizione in cui versa la nostra nazione. C’è un decadimento morale, economico e spirituale in atto. Siamo in questa condizione ormai da anni, ma stiamo peggiorando sempre di più e la gente sembra non interessarsene. Le nostre azioni erano quindi necessarie per “svegliare” il popolo americano dal suo torpore e dalla sua indifferenza. Come ho detto allo U.S. Secret Service che mi ha interrogato dopo il “Burn a Coran Day” non ho superato alcun limite, nel rispetto delle leggi della nostra terra, rivendicherò sempre i nostri diritti di libertà così come sanciti dal Primo Emendamento se questi ci concederanno di raggiungere i nostri obiettivi. 

Lei ritiene quindi che il mondo occidentale, e in particolare gli Stati Uniti, non dovrebbero avere alcun rapporto con quelle nazioni dove l’Islam è la principale religione, o sostiene invece il dover instaurare un diverso tipo di rapporti?

No, ritengo che si possano mantenere dei rapporti ma serve un cambiamento radicale. Non è l’Islam in quanto religione il motivo per cui bisogna “troncare” i rapporti con determinate nazioni, quello che non deve essere tollerato è quando i diritti umani non sono rispettati: la libertà di pensiero, la libertà di parola e ovviamente la libertà di religione. Quando le nazioni islamiche uccidono le persone perché sono cristiane, omosessuali o quando lapidano le donne adultere, violano i diritti umani più basilari. Sono queste le nazioni con cui dovremmo rifiutarci di avere qualsiasi rapporto in futuro. Questi paesi andrebbero esclusi dalle Nazioni Unite e dovrebbero rimanere isolate dal resto del mondo fino a quando non si decideranno a rispettare la santità della vita umana. 

Ha fatto scalpore la sua recente decisione di candidarsi alla presidenza degli Stati Uniti, ci spiega il motivo di questa sua scelta?

Abbiamo deciso di candidarci alla presidenza per un motivo molto semplice: per dare una “wake up call” al popolo Americano. Tutti gli altri candidati, di destra o sinistra che siano, sono politici di professione che dicono ai cittadini quello che loro vogliono sentire, e non la verità sulle condizioni in cui versa l’America. Non parlano dei nostri problemi di deficit, della piaga dell’immigrazione clandestina, non parlano di quanto costa mantenere le nostre truppe su suolo straniero. Non hanno gli “attributi” per farlo, sono politici. Noi invece continueremo il nostro sforzo per far sì che gli americani capiscano quale è la verità, o l’esistenza stessa degli Stati Uniti d’America sarà in pericolo.

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L'autore: Daniele Curcio

Studente in Economia e Business Internazionale alla Università Bocconi di Milano, è appassionato di politica Americana sin da giovane. Durante i suoi numerosi viaggi negli Stati Uniti ha avuto modo di approfondire i suoi studi nel settore. Consigliere di Municipio nel Comune di Brescia dal 2008. Caporedattore della sezione Esteri di Termometro Politico, sezione americhe e english version
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