La crisi in Danimarca e le politiche neoliberiste. Intervista a Bruno Amoroso (Università di Roskilde)

Pubblicato il 13 Settembre 2012 alle 12:23 Autore: Antonio Scafati
amoroso

È soprattutto il numero dei giovani senza impiego a preoccupare il governo danese, che per arginare il fenomeno ha annunciato risorse specifiche e progetti mirati. Quali sono le idee dell’esecutivo? E a suo parere è la strada giusta?

Questi orientamenti sono registrati e tracciabili dalle scelte fatte con le leggi finanziarie e i progetti di riforma annunciati dal nuovo governo di centro sinistra a guida socialdemocratica. Aggiustamenti nei sistemi fiscali e nelle scelte di politica economica che riguardano il settore pubblico (scuola, sanità, ecc), l’immigrazione e il mercato del lavoro. Scelte in continuità con le politiche del precedente governo di centro destra, e con alcuni inasprimenti che ormai siamo soliti vedere quando arrivano le sinistre al governo. Le scelte fiscali sono ispirate dal principio che solo se si produce più ricchezza è possibile distribuirla meglio e, quindi, bisogna dare facilitazioni fiscali ai gruppi di reddito più alti, perché dal loro lavoro dipende l’effetto positivo a cascata sui ceti più in basso. Insomma la stessa sciocchezza sui “vasi comunicanti” che leggiamo ogni giorno sugli editoriali di Repubblica ma con l’aggravante che questo viene detto da partiti e in paesi che non solo avevano dato origine a politiche di solidarietà e giustizia sociale, ma che erano stati capaci di trasformarli in leggi e istituzioni con sistemi fiscali fortemente progressivi. Infatti la legge finanziaria trasferisce parte dei redditi fin qui destinati ai gruppi sociali più deboli (compresi disabili ecc) e dei redditi più bassi verso la classi di reddito medio alte (i ceti “produttivi”). L’effetto sarà la crescita delle sacche di povertà che necessitano di assistenza e redditi di trasferimento con il risultato di aggravare la spesa pubblica e chiedere quindi ulteriori tagli a questa spesa, ecc, secondo una modalità ben nota in Italia. La retorica, per coprire tutto questo, è in Danimarca, come in Italia, quella sui giovani, la scuola e la ricerca che vengono così messi implicitamente in contraddizione con le generazioni precedenti e altri settori della società. Giovani, scuola e ricerca per un progetto di società che non si capisce più quale sia e, nel frattempo, la qualità della sanità di questo paese precipita in picchiata; ai disoccupati (impiegati, professori, ecc.) non per scelta di libertà ma perché cacciati dal posto di lavoro, si intima sin dal primo giorno o l’accettazione di un qualsiasi lavoro – fare le pulizie o il giardiniere dei ricchi – o il taglio di ogni contributo. Queste sono le misure proposte dal governo di centrosinistra in discussione in questi giorni nel parlamento danese. 

La Danimarca sta cominciando ad affrontare un tema che in prospettiva potrà rappresentare un grosso problema: il peso del welfare sulle casse statali. Pensioni, sussidi, mercato del lavoro: lo stato sociale danese è sempre stato molto generoso ma è ormai chiaro che così com’è non potrà reggere a lungo. Probabilmente i danesi dovranno rinunciare a qualcosa. Come cambierà il welfare danese nei prossimi anni?

Il precipitato finale di quanto sta accadendo non può che essere quello posto nella donanda. Ovviamente il pensiero neoliberista dominante non dice che vuole abolire lo stato sociale ma, in realtà, garantirne l`esistenza. Così come le riforme dei sistemi sanitari e dell’ istruzione non mirano al loro smembramento, privatizzazione e creazione di ghetti per i ricchi, ma al mantenimento del sistema di welfare. Ma su questo già un anziano economista, Karl Marx, ci aveva spiegato il trucco. Quello che conta, scriveva, non è ciò che questo o quell’ideologo racconta e raccomanda, ma quello che i cittadini saranno costretti a fare a causa del peggiormento delle loro condizioni di vita e di lavoro. I cambiamenti che oggi si stanno introducendo produrranno una contrapposizione di fatto tra interessi, alimentando la famosa competizione tra individui e gruppi sociali, e di questo gioco saranno i gruppi di potere più forti ad avvantaggiarsi. Questo i gruppi di potere di oggi in Europa lo sanno e con la retorica delle bandiere e del welfare coprono trasformazioni che consentiranno da qui a poco di gettare entrambe nella polvere della storia. 

L'autore: Antonio Scafati

Antonio Scafati è nato a Roma nel 1984. Dopo la gavetta presso alcune testate locali è approdato alla redazione Tg di RomaUno tv, la più importante emittente televisiva privata del Lazio, dove è rimasto per due anni e mezzo. Si è occupato per anni di paesi scandinavi: ha firmato articoli su diverse testate tra cui Area, L’Occidentale, Lettera43. È autore di “Rugby per non frequentanti”, guida multimediale edita da Il Menocchio. Ha coordinato la redazione Esteri di TermometroPolitico fino al dicembre 2014. Follow @antonio_scafati
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