Rajoy, ritratto di un (non) leader

Pubblicato il 27 Ottobre 2012 alle 19:32 Autore: Redazione

Va detto che, se la leadership di Rajoy appare debole, è in buona parte a causa della sua stessa politica comunicativa. Il presidente e i suoi consiglieri sono convinti che Zapatero si sia bruciato da solo, rovinato dal suo desiderio di apparire sui media per rassicurare l’opinione pubblica sull’andamento dell’economia e per difendere le politiche intraprese dal governo per combattere la crisi. Man mano che queste ottimistiche previsioni si dimostravano infondate e le sue politiche inutili o addirittura controproducenti, la sua credibilità si erodeva sempre di più. Tutto questo finì per far cristallizzare l’immagine di un uomo che mentiva sistematicamente. E non si sa che cosa è peggio: un presidente che mente sapendo di farlo o uno che crede nelle sue bugie. Anche per evitare di incappare nello stesso errore, Rajoy, oratore modesto, si presenta di rado davanti alla stampa. E quando lo fa, parla in modo evasivo e sfuggente. Ci sono voluti infatti 9 mesi perché concedesse la prima intervista in TV, e nelle sue contate apparizioni in sala stampa non sono previste domande dai giornalisti. Monti è solito organizzare pletoriche conferenze stampa per presentare i dettagli dei grandi piani di governo, trasformando spesso queste conferenze stampa in una sorta di master class. Si trova a suo agio in questo palcoscenico e sfrutta comunicativamente la sua competenza e quella dei suoi ministri. Rajoy, invece, ha quasi sempre delegato questo compito alla portavoce del governo, Soraya Sáenz de Santamaría. Si è giunti persino ad annunciare una manovra contenente tagli per 10 miliardi attraverso un comunicato stampa.

rajoy

Nel loro articolo sul Financial Times, Garicano e Fernández-Villanueva, rinfacciavano inoltre al governo di aver giocato, durante la trattativa con la BCE per accedere al salvataggio del sistema bancario, al pericoloso gioco del pollo, con lo scopo di limitare le condizioni imposte: “You cannot play a game of chicken when you drive a car and your opponent, the ECB, drives a tank”, dicevano. Nell’attuale trattativa per la seconda richiesta di salvataggio (questa volta non limitata al sistema finanziario, ma un vero e proprio salvataggio del Paese), Rajoy lo sta rifacendo. Da una parte ha temporeggiato per oltre due mesi in attesa delle elezioni dello scorso weekend in Galizia e nei Paesi Baschi (dove il PP ha ottenuto risultati disuguali: ottimi nel primo caso, pessimi nel secondo), dall’altra sta allungando i tempi della richiesta, giudicata da molti inevitabile, in modo da ottenere, spera, condizioni meno dure da parte dell’Europa.

Camilo José Cela, l’ultimo spagnolo a vincere il premio Nobel per la letteratura e conservatore eterodosso, sosteneva che in “in Spagna, chi resiste vince”. Vedremo se per Rajoy la strategia attendista funzionerà ancora una volta. Altrimenti andrà a ingrossare l’ormai lungo elenco di presidenti e primi ministri europei stritolati dalla crisi.

di Ton Vilalta

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