Ucraina, la pochezza del FEMENismo e l’abbaglio europeo
[ad]Capisco che esaltare le gesta di donne deputate a preparare pappette per anziani europei occidentali possa essere meno artistico, creativo, affascinante, della loro body-not-brain-art, mostrante le perfette forme dei loro corpi dipinte da slogan mediaticamente d’impatto. Non comprendo, invece, come il femminismo europeo, erede diseredato di una gloriosa tradizione intellettuale e politica, si accorga ed incessantemente decanti Femen e, in batter d’occhio mediatico, si dimentichi della detonante orazione offerta da Julia Gillard, Primo Ministro australiano. Modello, meno osannato, ma estremamente efficace, se valutato attentamente, nell’evidenziare il suo essere antitetico rispetto a Femen. La sobrietà della forma della Gillard, una tailleur elegante e un caschetto castigato, lascia spazio alla forza degli argomenti, frutto di fatica, studio, ricerca e documentazione. Le femministe militanti, contrariamente, fanno della forma, la perfetta nudità dei propri corpi, l’arma con cui distrarre il pubblico da un’indagine dei loro argomenti, meri slogan demagogici capaci di essere facilmente memorizzati e riportati sulle pagine di tutti i giornali. La novità, il loro protagonismo mediatico, attraente un femminismo oramai incapace di ottenere alcuna attenzione pubblica, è ciò che, alla fine, rapisce l’interesse e conquista l’appoggio delle annoiate signore europee desiderose di non perdere il proprio ruolo nell’opinione pubblica e di allontanare, rifacendosi il lifting con la greca perfezione dei corpi delle attiviste ucraine, lo stantio invecchiamento e il cattivo presagio della loro fine pubblica.