Masia (EMG) a TP: tutti i segreti di exit poll e proiezioni

Pubblicato il 12 Maggio 2010 alle 15:20 Autore: Lorenzo Pregliasco

Ha detto che è comunque convinto della validità dello strumento. Pensa però che da parte dei committenti sia morta e sepolta l’idea di commissionare un exit poll in Italia?
«Penso proprio di sì. I seggi chiudono alle 15 del lunedì e le prime proiezioni escono poco dopo le 16, quindi non sempre il gioco può valere la candela dal punto di vista del committente».

Quale può essere il costo di un exit poll nazionale?
«Mi fa una domanda complessa. Tenga presente che bisogna organizzare almeno due o tre turni di persone che stanno fuori dai seggi, più la trasferta, l’organizzazione dei materiali, le telefonate. Insomma, si può dire sicuramente diverse centinaia di migliaia di euro. Probabilmente alle Europee basterebbe un campione più ridotto, ma alle Politiche, con il Senato su base regionale, bisogna fare campioni per singole regioni e i costi salgono».

L’individuazione dei seggi nell’exit poll andava di pari passo con quella per le proiezioni?
In passato sì, con due logiche diverse: l’exit poll è un sondaggio all’uscita del seggio, quindi intervistavamo le persone che via via uscivano dal plesso scolastico con una logica 1 a 5. Il nostro operatore contattava la persona e se questa si rifiutava passava alla quinta persona immediatamente successiva, per evitare di scegliere le persone in modo discrezionale. Per quanto riguarda invece le proiezioni, all’interno dei plessi in cui si realizzava l’exit, venivano selezionate una, due o massimo tre sezioni. L’exit poll lavorava sul seggio, la proiezione sulle singole sezioni».

Senza andare troppo nel dettaglio, la modalità di individuazione delle sezioni per le proiezioni si basa su un ragionamento di tipo storico – se il dato di sezione è in linea con quello generale – oppure su una considerazione socio-demografica – la sezione rappresenta in piccolo per età, istruzione, sesso l’elettorato complessivo -?
«In Italia utilizziamo il metodo storico, anche perché è difficile individuare i parametri socio-demografici se non tramite sondaggi. La logica è quella di definire un numero di sezioni, per esempio 120 per una regione, che poi spalmiamo all’interno delle singole province e in seguito scegliamo quelle sezioni che, nell’insieme, mi ricostruiscano perfettamente le elezioni precedenti, ad esempio le ultime politiche ed europee, con un margine dello 0,1-0,2 per cento su base regionale e del massimo 1 per cento su base provinciale. In questa tornata abbiamo scelto 1760 sezioni articolate nelle tredici regioni.

Quindi a essere rappresentativo è il gruppo, non ciascuna singola sezione.
No, in genere ragioniamo con il meccanismo del cluster: possiamo raggrupparle per provincia nel caso di elezioni regionali, o per quartiere nel caso di elezioni comunali, dove comunque la disomogeneità è minore».

Si parlava di margini d’errore e di oscillazioni. In genere si dice che l’intervallo per le proiezioni è inferiore ai 2 punti, 1-1,5 per cento. Spesso però le prime proiezioni presentano dati anche significativamente diversi da quello conclusivo: alle comunali 2006 a Torino ci fu un’oscillazione vicina ai 10 punti, in Campania quest’anno la terza proiezione EMG assegnava 18 punti di margine a Caldoro che ha poi prevalso di 11. Qual è il motivo di queste oscillazioni?
«Innanzitutto è possibile che l’afflusso delle sezioni sia disomogeneo rispetto al territorio complessivo. Può succedere che, anche con una copertura del 30%, molte sezioni provengano da particolari aree con una storia politica ben precisa. Per esempio, se in Liguria ho un campione di 100 sezioni e me ne sono arrivate 30, di cui 25 da Imperia e 5 da La Spezia, è chiaro che il dato ha dei limiti congeniti che si sommano al margine d’errore».

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L'autore: Lorenzo Pregliasco