D’Alema e il conflitto d’interessi

Pubblicato il 28 Maggio 2009 alle 00:13 Autore: Redazione
Massimo D'Alema

Quindi, il fiduciario lo sceglie il diretto interessato, ma POI sarà un garante a stabilire quanto sia attendibile e sorvegliare sulla sua condotta, che come si legge è totalmente libera dal proprietario del trust.

Compreso ciò:

  • Se il problema di D’Alema è quello di non far consegnare l’azienda di Berlusconi (o chi per esso) ai figli del medesimo o fiduciari non obbiettivi, la legislazione americana già include ciò, e garantisce che sia un garante terzo a controllare. Se il fiduciario si comporta in modo ambiguo, allora si interviene e si toglie il trust.
  • Se il problema di D’Alema è che qualunque legge sul conflitto d’interessi non risolverebbe il problema politico, gli farei notare che è di Gramsciana memoria la differenza tra potere politico e potere economico. Il conflitto d’interessi è un problema di ampio spettro, che tocca la politica ma anche e soprattutto l’economia. In ultima analisi tocca la società civile, poichè mansioni pubbliche, come quella di politico specie se un Presidente del Consiglio, influenzano profondamente la vita quotidiana di tutti noi cittadini. Così come non vorreste l’assessore ai trasporti con diretto controllo di un’azienda che produce automobili, altrettanto non vorreste un Presidente del Consiglio che diriga la vita politica in funzione dei propri interessi privati. La legge è uguale per tutti, così si afferma in ogni tribunale.
  • La legge sul conflitto d’interessi perde di credibilità se il garante, che si occupa di controllare il fiduciario è corruttibile. Questo però è un problema tutto italiano, il quale non può essere giustificato sostenendo: “poichè in Italia ogni essere umano è corruttibile, allora evitiamo di far passare la legge apposita”. Dovere del politico è quello di creare un sistema di controllo incrociato valido ed efficente. Non è dovere del politico quello di non risolvere i problemi di uno Stato, non importa quanto profondi e complicati siano.

In Italia emerge spesso questo problema, atavico e genetico oserei quasi dire: nessuno si fida di nessuno, poichè la corruzione tocca ogni ambiente. E’ una piaga endemica ed allora bisogna conviverci o sperare di risolverla con altri espedienti? Quello politico, come sostiene D’Alema, è una chimerica soluzione: se il sistema politico è incapace di essere onesto e quindi controllare i controllori, allora anche i politici saranno i primi a non essere deontologicamente capaci di autocontrollarsi. Se non mi posso fidare del fiduciario al trust e del garante che controlla il fiduciario stesso, come posso fidarmi del politico che tenta di arginare il blind trust solo con procedure politiche ma non legislative opportune?

Altri paesi, come UK ed USA, soffrono della corruzione pubblica e privata: nessuno ne è immune. Quindi è una bugia affermare che solo in Italia si commetta questo fastidiosissimo e deprecabile reato. Ma è altrettanto corretto far notare come in alcuni paesi il sistema di controllo sia molto più efficiente e meno opinabile, più efficace e neutrale, più difficilmente corruttibile. Se in Italia non si comprenderà questo vitale passaggio, allora D’Alema avrà ragione. Sarà tuttavia una ragione di debole valenza, perchè il garantismo è un valore che la nostra stessa Costituzione esalta e difende. E non basta solo esaltare e declamare questo valore, BISOGNA farlo rispettare ed i politici sono i diretti responsabili.

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