Verso le elezioni in Catalogna. Uscire dalla crisi o uscire dalla Spagna?

Pubblicato il 20 Novembre 2012 alle 10:26 Autore: Enrico Peroni
indipendenza catalogna

Il disastro socialista metafora della crisi?

Nel mezzo c’è il PSC, un partito capace di raccogliere 4 anni fa, alle elezioni politiche nazionali, piú del 40% nella regione catalana. Oggi secondo i sondaggi è sotto il 15%. Annichilito da una posizione non chiara sul tema dell’indipendenza, con la proposta del PSOE nazionale di uno stato federale che non funziona in un’epoca di radicalismo. Distrutto dalla situazione disastrosa del PSOE a livello nazionale, travolto nelle elezioni galiziane e basche (300.000 voti in meno) e con un leader, Rubalcaba, insultato dai propri militanti su twitter un giorno sì e l’altro pure.

elezioni catalogna

Spappolato da lotte intestine che vengono dall’epoca degli 8 anni di governo quando fu incapace di gestire una coalizione rissosa con due soci fortemente spostati a sinistra. Infine, non credibile agli occhi di molti catalani per le politiche del governo nazionale di Zapatero: il fatto che i socialisti non abbiano saputo gestire la crisi ed abbiano invece avvallato politiche neoliberiste, di fatto contraendo la domanda interna e favorendo l’aumento di una disoccupazione che non si vedeva dai tempi della guerra civile, è una spina nel fianco per un partito che deve ritrovare la propria identità, probabilmente facendo un tuffo di umiltà.
C’è, quindi, un sicuro sconfitto: il PSC. Questo potrebbe portare alle dimissioni di Rubalcaba ed ad un Congresso anticipato del PSOE.

Uscire?

Ma la domanda che sorge spontanea, considerato tutto quanto sopra, è: la Catalogna ha bisogno di uscire dalla crisi o dalla Spagna? La sensazione, ma saranno i posteri a giudicare, è che questa campagna sia un esempio da manuale di come confondere un popolo, facendo dimenticare la fame (o la disoccupazione) inventando un nemico esterno (o, in un certo senso, interno). La Spagna è quella che ci ruba il pane. Non un modello di sviluppo sbagliato  avvallato anche dai partiti catalano (e soprattutto dal partito, CiU). Non la crisi europea. Non la speculazione edilizia. Non le banche che sfrattano le famiglie di nuovi disoccupati che non pagano il mutuo (di questo ne parleremo presto perché in Spagna sta diventando il tema centrale del dibattito pubblico, e giustamente data la vastità del fenomeno). Il problema è la Spagna.

Barcellona potrà tornare ad essere una porta sul mondo, ricca di lavoro, speranza e futuro. Anche votando sì ad un referendum sull’indipendenza, ma magari non oggi, magari in un momento in cui non ci sia la retorica patriottarda utilizzata come scusa per l’incapacità (anche del governo regionale) di governare la crisi.
Scegliere se essere indipendenti deve essere una scelta basata sull’identità, non una scelta di egoismo o di risentimento verso il vicino.