Lotta all’evasione: arrivano Redditometro e ReddiTest

Pubblicato il 22 Novembre 2012 alle 14:39 Autore: Matteo Patané
evasione

Non ultima tra le novità del rapporto tra cittadini e fisco presentate da Befera si posiziona il ReddiTest. Questo strumento software, attraverso una versione ridotta e qualitativa degli algoritmi utilizzati dall’Agenzia delle Entrate per scovare i casi di presunte irregolarità fiscali, consente a tutti i cittadini di valutare in maniera piuttosto semplice la propria esposizione ai controlli fiscali.
Inserendo i propri dati anagrafici ed il dettaglio delle spese effettuate durante l’anno, il programma restituirà un semplice indicatore qualitativo: una luce verde se viene riscontrata coerenza tra entrate e uscite, una luce rossa in caso contrario.
Lo scopo dichiarato dell’applicazione è fornire ai cittadini uno strumento utile per monitorare la propria gestione finanziaria con l’occhio del fisco, e capire se il proprio comportamento sta attirando o meno l’attenzione dell’Agenzia delle Entrate: la speranza è che la semplice minaccia di un intervento del fisco possa ricondurre a comportamenti più corretti gli evasori fiscali, secondo la consueta logica del “prevenire è meglio che curare”.

Proprio il ReddiTest, tuttavia, ha concentrato su di sé le osservazioni e le polemiche che inevitabilmente accompagnano questo tipo di annunci, fino ad oscurare tutte le altre – spesso ben più importanti – notizie in merito.
Sono in particolare due gli ordini di critiche mossi verso questo strumento.
Il primo tema è naturalmente costituito dalla privacy: le informazioni volontariamente fornite dai cittadini verranno salvate e utilizzate dall’Agenzia delle Entrate? Il ReddiTest costituisce uno strumento di schedatura delle abitudini delle persone? Al di là del mero significato fiscale, è chiaro che un compendio del genere sarebbe preziosissimo anche per scopi completamente differenti come indagini di mercato e pubblicità mirata. La stessa presenza di simili dati su un database ministeriale sarebbe un fattore critico, in quanto esposti all’attacco dei pirati informatici. A questo tipo di osservazioni ha risposto lo stesso Befera, assicurando che gli utilizzi del ReddiTest sono assolutamente anonimi e che le comunicazioni con l’agenzia delle entrate riguardano solo l’aggiornamento delle versioni del programma e i dati dell’algoritmo di calcolo, che per ovvie ragioni risiedono sul server dell’Agenzia. Non vi sarebbe dunque un invio di dati sensibili dal computer del cittadino ai server dell’Agenzia delle Entrate. L’affermazione è stata parzialmente confermata anche da uno studio condotto da Il Sole 24 Ore, che ha potuto stabilire come il programma, lato client, non è predisposto per l’invio di dati sensibili; ciò che non è stato possibile verificare, e percui occorre fidarsi delle parole di Befera, è il comportamento lato server, ovvero che i file presenti sulle macchine dell’Agenzia delle Entrate non impongano un invio dei dati da parte del client.
Il secondo tema è invece più filosofico e denso di significato. Un cittadino onesto non ha nulla da temere dal ReddiTest, e potenzialmente dovrebbe essere interessato a usarlo soltanto per capire se la propria posizione ricade in uno dei casi di comportamento onesto che tuttavia i sistemi informativi del fisco tracciano come anomalia. Al contrario, lo strumento sembra fatto apposta per misurare l’abilità degli evasori, e fornire a questi ultimi uno software in grado di evidenziare quando le loro attività superano la soglia oltre la quale lo Stato prende atto di un comportamento anomalo e potenzialmente illegale. Una persona, quindi, potrebbe costantemente verificare il successo dei propri tentativi di evasione, trovando nello strumento, anziché un deterrente, un incoraggiamento nella propria attività illecita. In questo caso le rassicurazioni dell’Agenzia delle Entrate riguardano la taratura degli strumenti, che dovrebbe essere nettamente sbilanciata verso l’eccessiva rigidità più che verso l’eccessivo lassismo.

La speranza dello Stato, sostanzialmente, è che non esistano comportamenti illeciti che il sistema non riconosce come tali; saranno i fatti, naturalmente, a confermare o smentire tale ipotesi.

Ciò che al momento è certo è che la guerra all’evasione continua.

L'autore: Matteo Patané

Nato nel 1982 ad Acqui Terme (AL), ha vissuto a Nizza Monferrato (AT) fino ai diciotto anni, quando si è trasferito a Torino per frequentare il Politecnico. Laureato nel 2007 in Ingegneria Telematica lavora a Torino come consulente informatico. Tra i suoi hobby spiccano il ciclismo e la lettura, oltre naturalmente all'analisi politica. Il suo blog personale è Città democratica.
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