Recensione/1 – “Non pensare all’elefante”

Pubblicato il 26 Novembre 2009 alle 19:11 Autore: Lorenzo Pregliasco

Per dire: che cosa vi viene in mente leggendo la parola ‘sgravio‘, o ‘sollievo‘? Di sicuro il cervello si attiva richiamando un’idea di pace, rilassamento, conforto, consolazione.
Se leggete ‘scudo‘ pensate magari a molti diversi tipi di scudo, che hanno però tutte in comune l’idea della protezione e della difesa.

Ed ecco perché misure potenzialmente controverse come le riduzioni fiscali per i ricchi decise da Bush, o il condono fiscale recentemente approvato dal Parlamento italiano, non sono presentate nella ‘cornice’ tendenzialmente sfavorevole, non richiamano i frame del privilegio a chi è più fortunato a danno dei più deboli o della scappatoia per imbrogliare lo stato e i lavoratori onesti che pagano le tasse. Veicolano invece un’idea diversa: le tasse sono un peso ingiusto, che dev’essere alleggerito ogni volta che è possibile. E lo Stato deve proteggere e perdonare i suoi cittadini se riportano capitali nel proprio Paese. In una parola, deve dargli sollievo facendogli da scudo.

I frame non sono sempre manipolazione, mette in guardia Lakoff, fanno parte del modo in cui pensiamo e parliamo. L’importante è saperli conoscere e riconoscere, e – per i progressisti – non cadere nella trappola del pensare all’elefante (che per inciso è anche il simbolo del Partito repubblicano); in una parola, per vincere bisogna essere consapevoli dei propri valori e non dare per scontato il linguaggio dell’avversario.

La sua prospettiva si muove nel contesto americano, però è probabilmente applicabile anche al nostro. Nel momento in cui il libro veniva scritto (2001-2004), i progressisti (centrosinistra, per noi) scontavano un grave ritardo nella costruzione del linguaggio e non sapevano comunicare i propri valori: i conservatori erano stati più bravi, riuscendo a creare una ‘guerra civile culturale’ che gli ha permesso di incorniciare il dibattito e di far credere all’opinione pubblica di essere gli unici dotati di valori.

Lakoff ci dice che spesso i progressisti non capiscono i conservatori, pensando che siano stupidi. Ma in realtà è vero l’esatto contrario: i conservatori sono intelligenti. Pensano. E costruiscono significato, investendo nella formazione e nel coinvolgimento di dirigenti e attivisti. Rafforzando un impianto ideale – se non ideologico – anche nell’esperienza di governo.

Oltre l’elefante

È difficile dire quante delle osservazioni di Lakoff sulla crisi del Partito democratico restino attuali dopo il declino del bushismo e la vittoria elettorale di Obama – al quale l’autore ha riconosciuto sin dagli inizi grandi capacità di empatia e di framing -. Però l’impianto, o comunque molti elementi, sono certamente validi per la situazione italiana: il centrosinistra è stato brevemente al governo tra il 2006 e il 2008 senza riuscire a far vincere una sola idea nel Paese – escluse forse le liberalizzazioni, che hanno peraltro avuto un percorso accidentato e non sempre coerente -, e ora si ritrova all’opposizione dovendo ripartire, dopo la breve stagione del veltronismo che cercava di rappresentare una novità almeno sotto il profilo comunicativo, anche strutturando un linguaggio e proponendo schemi e frame che tendono a essere spinti in un angolo anche dalle forze politiche e dai media di centrosinistra. Che, per andare all’attualità, non trovano la forza di opporre all’etichetta ‘processo breve’ una visione di linguaggio alternativa (una l’ha proposta, non si sa quanto consapevolmente, Marco Travaglio: ‘ammazzaprocessi’; ma perché non ‘strozzaprocessi’, ‘tagliasentenze’ o ‘processo a scadenza’?).

L'autore: Lorenzo Pregliasco