Recensione: «In 10 parole», di D. Franceschini

Pubblicato il 30 Gennaio 2010 alle 00:18 Autore: Livio Ricciardelli
dario franceschini, soprintendenze

Vero che nella politica nostrana la tradizione del discorso “itinerante” pare in ascesa, ma questi dieci discorsi di Franceschini, rivolti a diverse categorie ed istanze sociali, risultano avere un qualcosa di compiuto che rende l’intero libro una coerente visione per un partito e per un paese.

Si parte quindi dal discorso di candidatura dell’Acquario Romano nel luglio del 2009, dove ci si prendono specifiche responsabilità ma ci si fa promotori di un cambiamento che passa per forza di cosa anche dal prendersi colpe proprie (fece discutere molto allora l’esplicito riferimento alla mancata legge sul conflitto d’interessi) e si continua col discorso ai volontari, dove si denuncia un deficit culturale da parte del governo in carica che non considera, oltre ovviamente all’aspetto etico, anche quello utilitaristico del fenomeno che consente anche di stabilire partnership strategiche con associazioni, enti e, perché no, paesi.

Il discorso di Napoli agli educatori è un attacco a tutto campo alla visione “televisiva” che gran parte della società italiana per forza di cose ha attualmente in testa. Una visione che porta alla sottovalutazione delle vere e grandi realtà questo paese e che ha portato ad un ridimensionamento del ruolo dell’insegnate sia in quanto “autorità” sia in quanto modello da cui trarre esempio. Continuando con un discorso ai nuovi italiani, che sottolinea l’inevitabile società multietnica che va governata e non strumentalizzata per fini elettorali, si passa per un discorso ai talenti, la qualità come parola d’ordine per il rilancio italiano, e poi ad un discorso ai ragazzi del Sud per poi giungere infine ai due famosi discorsi ai lavoratori a Prato e agli imprenditori a Vicenza, in cui emerge come queste siano due categorie “sulla stessa barca”, unite anche per ovvi calcoli statistici (sempre utile ricordare come in Italia il 95% delle imprese abbia meno di 10 lavoratori).

Gli ultimi discorsi sono quelli ai “nonni dei nostri figli”, alle donne e quello ai liberi.

Quest’ultimo, pronunciato a Marzabotto il giorno prima delle primarie, è un invito al paese e ai suoi cittadini ad essere liberi “di”, ma anche liberi “da”, come condizione irrinunciabile per l’espressione serena della propria personalità, del proprio merito e delle proprie qualità.

In conclusione, possiamo ben dire che si tratta di dieci discorsi che vanno dritti ai contenuti dei singoli problemi ponendo spesso molte proposte e risposte. Colpisce in particolare la mancanza di polemica nei confronti del dibattito interno all’interno del Partito che porta, oltre a non citare mai gli altri due contendenti alla segreteria, ad un maggiore spazio verso una visione politica complessiva fatta di aspirazioni, valori e speranze.

Forse uscite sconfitte, ma pur sempre interessanti ed utili. Per capire forse quale Partito Democratico sarebbe potere essere.

Titolo: IN 10 PAROLE – SFIDARE LA DESTRA SUI VALORI, Bompiani, 2009

Pagine&prezzo: 208 pp., € 15,00

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L'autore: Livio Ricciardelli

Nato a Roma, laureato in Scienze Politiche presso l'Università Roma Tre e giornalista pubblicista. Da sempre vero e proprio drogato di politica, cura per Termometro Politico la rubrica “Settimana Politica”, in cui fa il punto dello stato dei rapporti tra le forze in campo, cercando di cogliere il grande dilemma del nostro tempo: dove va la politica. Su Twitter è @RichardDaley
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