Il nuovo governo in Olanda: una coalizione europeista

Pubblicato il 23 Novembre 2012 alle 14:15 Autore: Livio Ricciardelli
crisi Grecia, foto del premier olandese Rutte

Per il Vvd il dato elettorale ha superato le previsioni, che a ridosso del voto davano Vvd e PvdA pressoché alla pari, oscillanti intorno ai 36 seggi. La sua vittoria si deve all’abilità del suo leader di presentare una linea in cui coesistono l’adesione alla politica di austerità per i bilanci nazionali, promossa dalla Germania, con la critica alla politica di salvataggio della Ue – dichiarando la contrarietà a un terzo bailout alla Grecia – e la difesa della sovranità nazionale a fronte di ulteriori cessioni di poteri a Bruxelles. In tal modo oltre ai voti moderati ed europeisti ha visto passare nella propria area una quota di elettori prima con il Partito per la Libertà, di Geert Wilders.

Il Partito per la Libertà e quello dei Socialisti di Emile Roemer hanno invece ottenuto consensi inferiori alle attese. Dopo la crisi di governo di aprile, le rilevazioni indicavano che se si fosse votato a breve il Partito socialista avrebbe raddoppiato i propri seggi. Ancora a fine agosto erano dati in vantaggio sul partito di Rutte. Poi a settembre una repentina parabola discendente, che si ritiene anche dovuta alla non esaltante partecipazione ai dibattiti televisivi, dove invece si è distinto il leader laburista Samsom. Per la formazione di Wilders, in sostanza anti-Ue e contro l’Euro, la perdita di seggi era indicata fin da aprile ma si è dimostrata superiore alle attese (alla vigilia si riteneva si attestasse a 19 seggi).

Altrettanto deludenti i risultati dei Cristiano-democratici e della Sinistra Verde. I primi, fin dalla fondazione nel 1977 sono stati quasi sempre presenti nelle coalizioni di governo, seppure a partire dalla metà degli anni ’90 non come partito principale. Sinistra Verde, dopo una fase elettorale favorevole tra la fine degli anni ’90 e l’inizio del decennio seguente, e una ripresa nel 2010, hanno visto declinare in modo netto il proprio elettorato sia verso il centrosinistra laburista sia verso l’area movimentista del Partito Pirata, che pur non ottenendo seggi, ha triplicato i propri voti dal ’10 (prima elezione a cui ha partecipato) ed è il primo tra i partiti senza rappresentanza nella Camera bassa.

Dopo le elezioni del ’10 si era formato un esecutivo composto da Vvd e Cda, con l’appoggio esterno del Pvv di Geert Wilders, entrato in crisi all’inizio del ’12 a seguito della decisione di Wilders di non approvare le misure di austerità per la riduzione di 9.5 miliardi di euro della spesa pubblica, proposte da Rutte per fronteggiare una previsione di deficit di bilancio al 4.6% del Pil, contro il 3% stabilito dalla Ue. Wilders, in particolare, ha ritenuto inaccettabile che il raggiungimento del parametro fissato da Bruxelles comportasse per i cittadini la riduzione delle pensioni e l’aumento delle tasse. In alternativa ha proposto di spostare al 2015 invece che al ’13, il riallineamento. La partecipazione dell’Olanda al Fondo salvastati ha fatto aumentare il debito pubblico al 60% del Pil contro il 45% del ’07. Wilders sostiene che l’Olanda dovrebbe essere, in rapporto con la Ue, come Norvegia e Svizzera.

Il 23 aprile 2012 Rutte ha presentato le dimissioni alla regina Beatrice. A seguire, le misure di austerità sono state approvate dal Parlamento da una maggioranza composta da Vvd, D66, Sinistra Verde e Cristiano democratici, per la riduzione del deficit al 2.7% nel prossimo anno. Quinta potenza economica della Ue, l’Olanda nel 2012 ha visto aumentare la disoccupazione al 6.5%, sebbene questo dato nel contesto comunitario rappresenti comunque il secondo più basso dopo quello dell’Austria.

Nonostante sia uno dei sei stati fondatori della Comunità economica europea e poi della Unione europea, l’Olanda sta affrontando un incremento dello scetticismo dei propri cittadini verso l’Ue e in particolare verso l’integrazione europea. La prima indicazione rilevante si ebbe nel 2005 quando la maggioranza degli elettori scelse di votare a maggioranza “No” nel referendum sulla approvazione della Costituzione europea.

di Ninni Radicini

L'autore: Livio Ricciardelli

Nato a Roma, laureato in Scienze Politiche presso l'Università Roma Tre e giornalista pubblicista. Da sempre vero e proprio drogato di politica, cura per Termometro Politico la rubrica “Settimana Politica”, in cui fa il punto dello stato dei rapporti tra le forze in campo, cercando di cogliere il grande dilemma del nostro tempo: dove va la politica. Su Twitter è @RichardDaley
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