In Romania la vittoria di Ponta apre nuovi scenari

Pubblicato il 15 Dicembre 2012 alle 19:18 Autore: Livio Ricciardelli
Victor Ponta, politico della Romania

In Romania le elezioni hanno dato un segnale netto di cambiamento dopo che per 8 anni la politica ha ruotato intorno al Presidente Traian Basescu. La vittoria, molto netta, con circa il 60% dei voti degli elettori  (più del 66% dei seggi in parlamento) della coalizione USL (Unione Social Liberale) formata dai Socialdemocratici di Victor Ponta, dai liberali di Crin Antonescu  e dai conservatori di  Dan Voiculescu, tycon dei media e proprietario del seguitissimo canale di informazione  Antena 3,  non lascia margini a dubbi: i rumeni che hanno votato – va detto, il 40% degli aventi diritto – l’hanno fatto prevalentemente con il solo obiettivo di liberarsi del presidente Traian Basescu e contro il suo partito il PDL (che pure si è presentato alle elezioni con la sigla ARD, in un alleanza con alcuni partiti minori che cercava di nascondere il suo passato recente).

 

E’ assolutamente impossibile analizzare  le elezioni parlamentari in Romania senza ricordare gli 8 anni in cui il Presidente Traian Basescu, dopo essere stato eletto nel 1994 a sorpresa, ha gestito la Romania come una sua proprietà assoluta, imponendo attraverso il suo ruolo istituzionale maggioranze parlamentari e di governo che sulla carta non esistevano e forzando più volte l’interpretazione della costituzione per diventare il vero capo del governo.

Victor Ponta, politico della Romania

Un presidente “giocatore”, come si è sempre definito lui stesso fin dal giorno della sua elezione, non tenendo in nessun modo conto del ruolo prevalentemente di arbitro che era previsto dalla costituzione rumena (che rispetto all’omologo italiano ha però il potere di nomina del Premier).

Il 2012 è stato l’anno della sua sconfitta con tre voti consecutivi: amministrative di Giugno, referendum per le sue dimissioni ed elezioni parlamentari.  Tre voti pesantissimi, di cui il più impressionante è stato sicuramente quello del referendum per le sue dimissioni, che solo per una serie di interventi esterni come quello della Comunità europea, e tramite l’utilizzo  di istituzioni di cui ha ancora il controllo – Corte Costituzionale (in cui Basescu ha una maggioranza di 5 voti a 4), Servizi Segreti, Consiglio superiore della Magistratura, Procura Generale e Procura anti corruzione (i cui membri furono scelti da lui senza nessun concorso) – non ha avuto effetto immediato.

Nel voto referendario di fine luglio 7 milioni e mezzo di rumeni votarono contro Basescu (eletto per il secondo mandato nel 2009, in un voto vinto per una manciata di elettori e con contestazioni di frode elettorali a suo favore molto marcate specialmente per il voto dei rumeni all’estero con 5 milioni di voti) in un paese in cui difficilmente votano più di 10 milioni di persone sui 18 con diritto di voto (in Romania, come dimostrano gli ultimi dati dell’Istituto di Statistica, ci sono circa tre milioni di persone che lavorano all’estero ma che risultano ancora residenti nel paese). In pratica si era espressa contro il presidente rumeno una maggioranza “reale” impressionante, che non ha avuto effetti a causa del quorum (non presente nella costituzione rumena) richiesto da Corte Costituzionale ed Ue, come detto irragiungibile.

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L'autore: Livio Ricciardelli

Nato a Roma, laureato in Scienze Politiche presso l'Università Roma Tre e giornalista pubblicista. Da sempre vero e proprio drogato di politica, cura per Termometro Politico la rubrica “Settimana Politica”, in cui fa il punto dello stato dei rapporti tra le forze in campo, cercando di cogliere il grande dilemma del nostro tempo: dove va la politica. Su Twitter è @RichardDaley
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