Maestro tuttologo, maestro unico o maestro artigiano?

Pubblicato il 10 Febbraio 2013 alle 15:45 Autore: L Undici

Lasciamo stare ora commenti troppo facili come per esempio: i bambini sono abituati al doppio organico già dalla scuola materna (già, ma anche, non è meglio avere 2 genitori, anziché uno?), il tempo pieno in ogni caso non potrebbe contare su un unico insegnante, pensa poi se quell’unico insegnante è una giovane donna che se ne sta tutto l’anno a casa in maternità oppure, sia mai, è proprio una persona che non piace.

Di fatto l’unico scopo era il taglio degli organici e qui arriviamo alla necessità di lasciare libertà di applicazione alle autonomie scolastiche. Infatti ogni dirigente scolastico ha dovuto fare i conti con un organico che diminuiva (tra l’altro progressivamente perciò rischiando cambiamenti troppo radicali l’anno successivo in qualche classe), con la necessità di togliere le compresenze alle classi. E soprattutto alle classi a tempo pieno dove erano di fatto più numerose e radicate, con la necessità di coprire le ore di lingua inglese con un utilizzo dell’organico completamente diverso da prima (non più con specialiste che insegnavano solo inglese in più classi, ma con specializzate che devono insegnare ‘anche’ inglese).

Il tutto condito con l’esigenza della continuità didattica, di evitare spezzettamenti di orario, di rendere gli orari fattibili evitando il più possibile i cosiddetti scavalchi (stesso insegnante in più scuole, deleterio per la qualità dell’insegnamento) e ultimo, anzi ultimissimo, di rispettare l’ormai affermata e comprovata specializzazione degli insegnanti nei diversi ambiti disciplinari

Già, perché intanto, a partire dalla riforma scolastica del 1990, i maestri così tanto tuttologi non lo sono più.

Con quella riforma di fatto si affermò un modo di lavorare che fino ad allora nella scuola elementare italiana era presente solo nel tempo pieno. Ogni insegnante prende un ambito disciplinare formato da più materie affini tra loro e insegna solo quelle. Le classi non a tempo pieno erano quindi abbinate due per volta (i cosiddetti moduli) e sulle due classi lavoravano tre insegnanti: uno per l’ambito linguistico-espressivo, un secondo per l’ambito logico-matematico e il terzo per l’ambito antropologico.

Si inserivano poi nelle classi: specialista di inglese e insegnante di religione. Nel tempo pieno le insegnanti rimanevano due, con un numero maggiore di materie di insegnamento a testa. Tutte le ore in eccedenza, andavano a formare il monte ore compresenze.

Rimane sempre vero che quando un maestro deve o vuole cambiare sede di lavoro deve accettare qualsiasi materia o ambito gli venga proposto, però è sempre stato cura e anche interesse dei dirigenti “accontentare” l’insegnante nella scelta per garantire un migliore servizio. Ora invece i criteri con cui devono essere assegnati i posti, non possono più badare a queste sottigliezze (anche qui però la sensibilità dei dirigenti riesce ancora a fare la differenza)

 

Maestro onnisciente come Leonardo? Vogliamo ricapitolare quindi i motivi per cui il tempo non è più lo stesso tempo di prima?

Prima due insegnanti (per una classe del tempo pieno) o tre (per due classi del modulo) parimenti presenti nella classe e assolutamente corresponsabili gestivano insieme il gruppo di bambini, con un numero di ore di compresenza variabile da 6 a 9 nella settimana, con assoluta parità dei carichi di materie e di turnazione oraria tra mattine e pomeriggi. Ora invece, con l’introduzione del cosiddetto maestro unico, capovolgete tutto.

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