Invidia su Facebook: risultati di uno studio tedesco
Ma non finisce qui. Il secondo studio si ricollega idealmente al primo ed evidenzia nuovi aspetti. Esiste un’utenza passiva di Facebook che utilizza il social network principalmente per raccogliere notizie sulla vita dei propri “amici”. Nel breve periodo Facebook procura soddisfazione agli utenti passivi, perché assolve al loro bisogno di reperire informazioni. Tuttavia nel lungo periodo gli episodi di invidia che inevitabilmente si innescano possono generare insoddisfazione per la propria vita e compromettere il benessere e la salute individuale.
Dal canto loro, gli utenti attivi di Facebook sono costantemente impegnati nel confronto sociale e nella comunicazione ai propri pari di successi e notizie positive. Gli uomini si servono principalmente delle sezioni chiamate Su di te e Note per mostrare la loro posizione sociale; le donne accentuano la bellezza fisica e la socievolezza. In ogni caso a generare invidia è tutto ciò che non viene palesemente ostentato, come ad esempio i numerosi auguri di compleanno che un “amico”, più socievole e popolare di noi, riceve sulla propria bacheca, oppure il cambiamento dalla situazione sentimentale di Single a quella di Impegnato/a per qualcuno che abbia subito una dolorosa rottura o che non abbia una propria vita privata.
Un aspetto interessante è che questi confronti vengono attivati con un gruppo di riferimento di persone che posseggono caratteristiche simili alle proprie, ovvero il gruppo dei pari. Gli utenti tendono ad invidiare coloro che sono simili a loro per sesso, età, background culturale e status sociale. Si invidiano gli aspetti considerati rilevanti a seconda della propria situazione. Ad esempio, una persona di trentacinque anni ha maggiori probabilità di invidiare la felicità familiare rispetto ad un adolescente, oppure le donne la bellezza fisica rispetto ad un uomo. Più c’è invidia, più attentamente si studiano le informazioni altrui. E per ridurre l’invidia stessa, gli utenti finiscono col promuovere il proprio profilo, generando quella che viene definita dagli studiosi una spirale d’invidia. Vera o falsa che sia la felicità mostrata.
Gli autori ipotizzano che questi meccanismi possono, nel lungo termine, compromettere la stabilità della piattaforma di Facebook e suggeriscono l’introduzione, attraverso appositi test sulla personalità, di filtri che riducano l’esposizione degli utenti più sensibili ai contenuti che possono generare malessere. Pur non sapendo in quali direzioni evolverà Facebook, è lecito domandarsi quanto di ciò che appare sui social network corrisponda effettivamente a verità. E constatare che probabilmente una maggiore autostima eviterebbe di considerare ciò che fa parte della vita degli altri necessariamente come più bello e desiderabile di quello che appartiene alla nostra.