Laura Boldrini analisi testuale del discorso di insediamento

Pubblicato il 20 Marzo 2013 alle 10:27 Autore: Matteo Patané
Politica italiana, confusione di Governo

L’accento calcato sul termine “istituzione”, invece, ha il non trascurabile compito di ricordare il reale significato, ruolo e valore del Parlamento. Lungi dall’essere un mercato, un parcheggio per politici in carriera o peggio ancora uno strumento per inseguire il proprio tornaconto, il Parlamento è un’istituzione del Paese, rappresenta il popolo italiano e in questa veste deve essere vissuto dai suoi – temporanei – occupanti.

In tale ottica, naturalmente, deve essere inteso anche il richiamo alla responsabilità. La scelta del termine è piuttosto chiara, e costituisce una rottura con il progressivo vilipendio cui è stata sottoposta questa parola, dai cambi di casacca di scilipotiana memoria ai più recenti appelli alla responsabilità usati per mascherare inciuci della peggior specie. Il richiamo è qui – ed il termine trova forza e si completa con gli altri usati – alla responsabilità verso il Paese e verso l’istituzione che si rappresenta, ed è proprio questo il senso di responsabilità che dovrebbe guidare i deputati nel loro lavoro quotidiano.

A partire da questo scheletro primario, si dipanano poi una serie di altri termini che indirizzano e caratterizzano in maniera più concreta il discorso di insediamento della Boldrini, tradendone senza dubbio le origini e le preferenze politiche e indicandone le priorità e le attenzioni. Ecco che quindi compaiono nel tag cloud termini come “diritti”, “mondo”, “europa”, “sacrificio”, “lavoro” e “lavorare”, che hanno lo scopo di dirigere l’azione politica dell’Aula e focalizzare quelli che secondo la Boldrini sono i temi più rilevanti da affrontare: temi dichiaratamente di sinistra, in difesa dei diritti, dei più deboli, del lavoro e di chi lavora, il tutto spinto da una vocazione addirittura più mondiale che europeista.

Di particolare interesse poi i verbi usati: oltre al già citato “dovere”, spiccano poi infatti “impegnare”, “lavorare”, “rappresentare”, “fare”, “volere”, “permettere”, “ricordare”. Tutte parole destinate a spronare la Camera, ad aiutarla a ritrovare quello spirito di sede del potere legislativo da troppo tempo sopito e annegato nella tracotanza e nella preponderanza degli ultimi esecutivi, quasi che il Parlamento fosse null’altro che un ente di ratifica delle decisioni del Governo.

La centralità del Parlamento, più ancora dei temi politici affrontati, è forse il punto più rilevante del discorso di Laura Boldrini, un discorso di orgoglio, rivendicazione ma anche e soprattutto sprone politico per i suoi colleghi per realizzare il bene del Paese, nell’ottica di un’altra parola, appena accennata e sussurrata nel suo discorso ma non per questo meno significativa: “speranza”.

L'autore: Matteo Patané

Nato nel 1982 ad Acqui Terme (AL), ha vissuto a Nizza Monferrato (AT) fino ai diciotto anni, quando si è trasferito a Torino per frequentare il Politecnico. Laureato nel 2007 in Ingegneria Telematica lavora a Torino come consulente informatico. Tra i suoi hobby spiccano il ciclismo e la lettura, oltre naturalmente all'analisi politica. Il suo blog personale è Città democratica.
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