Nucleare: il problema delle scorie radioattive (II)

Pubblicato il 11 Giugno 2011 alle 09:20 Autore: Matteo Patané
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La Germania ha tentato più volte di trovare depositi sicuri, almeno per le scorie meno pericolose, ma senza successo. Particolarmente famoso è il caso della miniera di potassa di Asse, che avrebbe dovuto essere geologicamente isolata per migliaia di anni ed in cui iniziarono a verificarsi le prime infiltrazioni di acqua dopo soli quindici anni dall’utilizzo, con la necessità di una costosa e continua manutenzione e con il recente pericolo aggiunto di crolli della volta della miniera e conseguente dispersione del materiale.

Gli sconvolgimenti della crosta terrestre sono tali da rendere estremamente complessa, da ogni punto di vista, l’individuazione di punti che possano essere considerabili come isolati per centinaia di migliaia di anni. Solo pensando al territorio italiano, nell’ultimo milione di anni sono stati vissuti episodi glaciali di notevole intensità, con l’avanzata dei ghiacciai alpini fino alle porte della Pianura Padana ed il sucessivo ritiro; il mare si è abbassato fino a 140 metri rispetto al livello attuale per poi risollevarsi nuovamente; le spinte della placca africana hanno fatto ruotare ampi settori dell’Italia peninsulare fino a 25°; l’attività vulcanica e quella erosivo-sedimentaria hanno apportato anch’esse numerose modificazioni alla struttura stessa della nostra penisola. Quale ambiente può dare garanzie di isolamento per un milione di anni?

Se la pericolosità delle scorie è la radioattività, allora trasformarle in elementi non radioattivi – magari sfruttando l’energia prodotta nel caso di elementi fissili – dovrebbe essere la soluzione ideale per eliminare una volta per tutte il problema. Il riprocessamento consiste nella separazione, per via chimica, dei materiali che compongono il combustibile esausto, parte del quale risulta essere riutilizzabile per nuove fissioni nucleari. Le tipologie e le quantità di materiali riprocessabili dipendono dalla tecnologia a disposizione nelle nuove centrali. Il riprocessamento è un procedimento estremamente oneroso dal punto di vista economico, oltre che pericoloso; molti Paesi, tra cui gli USA, hanno deciso di non riprocessare le scorie delle proprie centrali.

Attraverso il riprocessamento è possibile gestire gli isotopi dell’uranio presenti nelle scorie già con le normali centrali nucleari. Tali elementi però sono anche i meno problematici a livello di immagazzinamento, in quanto i loro tempi di decadimento, per quanto lunghi, sono decisamente irrisori rispetto a quelli degli elementi transuranici. Questi ultimi hanno inoltre l’ulteriore problema di non essere, in genere, fissili, e quindi di poter essere spaccati in altri elementi – dalla radioattività più bassa e con tempi di dimezzamenti inferiori – solo da particelle ad alta energia, come quelle emesse da un ciclotrone. Tale soluzione diventa però estremamente onerosa sia da punto di vista economico che da quello energetico, diventando di fatto inattuabile. È attualmente in fase di studio un sistema che accoppia fusione deuterio-trizio e fissione in modo da generare tramite la prima neutroni ad altissima energia in grado di provocare la fissione: in questo caso anche gli elementi transuranici potrebbero essere utilizzati; se tale tecnologia riuscirà a superare gli attuali problemi tecnologici – quanto costa un ciclotrone ad alta intensità? Quanti protoni accelerati colpiscono nuclei pesanti e quanti perdono la loro energia con altri processi? – allora si avrà realmente a disposizione una maniera di trattazione delle scorie nucleari più pericolose. L’altra faccia della medaglia è che un simile impianto, almeno allo stato attuale delle conoscenze, renderà l’energia nucleare una fonte estremamente costosa e sicuramente sconveniente rispetto alle fonti rinnovabili o al gas naturale.

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L'autore: Matteo Patané

Nato nel 1982 ad Acqui Terme (AL), ha vissuto a Nizza Monferrato (AT) fino ai diciotto anni, quando si è trasferito a Torino per frequentare il Politecnico. Laureato nel 2007 in Ingegneria Telematica lavora a Torino come consulente informatico. Tra i suoi hobby spiccano il ciclismo e la lettura, oltre naturalmente all'analisi politica. Il suo blog personale è Città democratica.
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