Nucleare: su cosa si vota

Pubblicato il 11 Giugno 2011 alle 09:33 Autore: Francesca Petrini

Ad ogni modo, approvato in via definitiva il c.d. decreto “omnibus”, il Governo auspicava che non si procedesse al voto, in forza dell’articolo 39 della legge n. 352/1970 sui referendum, che dispone che “se prima della data dello svolgimento del referendum, la legge, o l’atto avente forza di legge, o le singole disposizioni di essi cui il referendum si riferisce, siano stati abrogati, l’Ufficio centrale per il referendum dichiara che le operazioni relative non hanno più corso”. In merito, tuttavia, la Corte costituzionale è intervenuta con la sentenza 16-17 maggio 1978, n. 68, dichiarando l’illegittimità costituzionale dell’articolo 39, nella parte in cui non prevede che se l’abrogazione degli atti o delle singole disposizioni cui si riferisce il referendum è accompagnata da altra disciplina della stessa materia che non modifica né i principi ispiratori della complessiva disciplina preesistente, né i contenuti normativi essenziali dei singoli precetti, il referendum si effettua sulle nuove disposizioni legislative. Spetta, quindi, all’Ufficio centrale per il referendum verificare se, nonostante gli effetti abrogativi della nuova disciplina, la consultazione popolare debba “svolgersi pur sempre, trasferendo od estendendo la richiesta alla legislazione successiva, al fine di evitare che sia violato l’articolo 75 della Costituzione.

Dunque, non a caso, il 3 giugno 2011 l’Ufficio centrale per il referendum presso la Corte di Cassazione ha disposto con ordinanza il trasferimento della richiesta di abrogazione referendaria relativa alle disposizioni già individuate come “Norme in materia di nuove centrali per la produzione di energia elettrica nucleare” sulle disposizioni di cui all’articolo 5, commi 1 e 8 del decreto-legge 31 marzo 2011, n. 34, c.d. decreto “omnibus”, convertito, con modificazioni, dalla l. 26 maggio 2011, n. 75. Tali disposizioni sono state quindi ritenute “non suscettibili di produrre l’impedimento del corso delle operazioni referendarie”, poiché recano una disciplina che fa “salva, nell’immediato e contro la volontà referendaria, una scelta attuale nuclearista definendo anche le articolazioni e gli strumenti attraverso i quali essa è, e resta, immediatamente operativa”. In sostanza, ad avviso dell’Ufficio centrale, l’intervento normativo operato dal Governo si pone “in contraddizione manifesta con le dichiarate abrogazioni, dà luogo ad una politica flessibile dell’energia, che include e non esclude anche nei tempi più prossimi, la produzione di energia a mezzo di centrali nucleari e vanifica nell’attuale e in modo totale il fine abrogativo della proposta referendaria”.

Successivamente, la Corte Costituzionale si è trovata a dover decidere sull’ammissibilità del nuovo quesito sul nucleare dopo il via libera dato dall’Ufficio centrale per il referendum presso la Corte di Cassazione: il primo giugno scorso, con una lettera firmata da Gianni Letta, il Governo chiede quindi all’Avvocatura generale dello Stato di “intervenire” all’udienza allo scopo di “evidenziare l’inammissibilità della consultazione”. La Corte, investita della questione, con sentenza n. 174 del 7 giugno 2011, ha a sua volta dichiarato ammissibile la richiesta di referendum popolare, come modificata per effetto dell’ordinanza dell’Ufficio centrale per il referendum. La Consulta ha ricordato che, secondo la sentenza n. 68 del 1978, qualora nel corso del procedimento referendario, la disciplina oggetto del quesito sia modificata, all’Ufficio centrale per il referendum spetta accertare se l’intenzione del legislatore sia diversa rispetto alla regolamentazione precedente della materia: qualora, infatti, tale intenzione rimanga “fondamentalmente identica, malgrado le innovazioni formali o di dettaglio che siano state apportate dalle Camere, la corrispondente richiesta non può essere bloccata, perché diversamente la sovranità del popolo (attivata da quella iniziativa) verrebbe ridotta a mera apparenza”. Diversamente, compete alla Corte Costituzionale verificare che non sussistano eventuali ulteriori ragioni d’inammissibilità rispetto all’articolo 75 della Costituzione ed ai parametri desumibili dall’interpretazione logico-sistematica della Costituzione. La Corte ha quindi stabilito che il quesito referendario, nella formulazione risultante dal trasferimento operato dall’Ufficio centrale, sull’articolo 5, commi 1 e 8 del decreto “omnibus”, rispetta tali limiti. In primo luogo, è ribadito il giudizio di ammissibilità espresso con la sentenza n. 28 del 2011, data la “identità della materia oggetto della disciplina originaria e di quella modificata”. In secondo luogo, a giudizio della Consulta, il quesito è connotato da una matrice razionalmente unitaria e possiede i necessari requisiti di chiarezza, omogeneità ed univocità. Infatti, le disposizioni di cui si propone l’abrogazione risultano, a seguito della riformulazione del quesito da parte dell’Ufficio centrale, unite da una medesima finalità: essere strumentali a consentire, sia pure all’esito di “ulteriori evidenze scientifiche” sui profili relativi alla sicurezza nucleare e tenendo conto dello sviluppo tecnologico in tale settore, di adottare una strategia energetica nazionale che non escluda espressamente l’utilizzazione di energia nucleare, ciò in contraddizione con l’intento perseguito dall’originaria richiesta referendaria, in particolare attraverso l’abrogazione dell’articolo 3 del decreto legislativo n. 31 del 2010. Conseguentemente, anche il quesito riformulato mira “a realizzare un effetto di mera ablazione della nuova disciplina, in vista del chiaro ed univoco risultato normativo di non consentire l’inclusione dell’energia nucleare fra le forme di produzione energetica”. Resta invece di competenza del legislatore e del Governo fissare le modalità di adozione della strategia energetica nazionale, nel rispetto, in ogni caso, dell’esito della consultazione referendaria.

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L'autore: Francesca Petrini

Dottoranda in Teoria dello Stato e istituzioni politiche comparte, si è laureata in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali ed ha conseguito il titolo di Master di II livello in Istituzioni parlamentari per consulenti d´Assemblea.
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