Referendum: l’incognita degli italiani all’estero

Pubblicato il 12 Giugno 2011 alle 12:37 Autore: Andrea Carapellucci

Gli elettori residenti all’estero saranno conteggiati nel quorum? Tutte le risposte

In occasione dei referendum, le liste elettorali acquistano una funzione aggiuntiva: quella di fornire da riferimento per il calcolo del quorum. Nel 1999, il referendum per l’abrogazione della quota proprozionale nella vecchia legge elettorale (c.d. Mattarellum) non raggiunse il quorum per appena 150.000 voti. I residenti all’estero erano allora (ufficialmente) 2.351.306, ma a quanto pare solo a 13.542 di loro, cioè lo 0,5% degli aventi diritto, era stato effettivamente recapitato il certificato elettorale. L’anno successivo, la revisione delle liste elettorali portò alla cancellazione di 350.000 nomi: se l’operazione si fosse svolta in precedenza, presumibilmente il quorum sarebbe stato raggiunto (fonte: RadioRadicale.it).

L’attuale consultazione presenta, sotto questo punto di vista, tutti i rischi delle precedenti. Più uno.

Con una spericolata operazione, che non ha precedenti, il Governo ha provveduto ad abrogare tutte le norme oggetto del quesito “sul nucleare”, nell’imminenza della consultazione. L’Ufficio Centrale per il referendum ha stabilito che il quesito dovesse quindi essere trasferito sulle nuove norme (che in effetti consentirebbero l’installazione di nuove centrali senza alcun ulteriore passaggio parlamentare) e la Corte Costituzionale ha giudicato ammissibile il nuovo quesito. Entrambe le decisioni erano, secondo l’opinione di diversi costituzionalisti, largamente prevedibili. La giurisprudenza della Corte Costituzionale ha infatti chiarito che solo una abrogazione corrispondente alla volontà dei referendari può portare all’annullamento della consultazione. Non certo un intervento che, cancellate le norme oggetto di referendum, le rende inutili prevedendo che il Governo possa comunque realizzare l’installazione delle centrali.

È piuttosto inverosimile che il Governo e la maggioranza ritenessero davvero di poter bloccare la consultazione ricorrendo a questo stratagemma. Più probabile, a nostro avviso, è che si volesse convincere l’opinione pubblica che il referendum non ci sarebbe stato, sabotando la campagna dei referendari con un espediente mediatico, pur nella consapevolezza dell’esito scontato dei giudizi delle due Corti. Come evidenziato dall’insolita (e irrituale) dichiarazione alla stampa del neoletto presidente della Consulta, alla vigilia dell’udienza, pensare che la Corte Costituzionale potesse dichiarare inammissibile il nuovo quesito era addirittura incredibile. La Consulta, infatti, deve valutare soltanto se il quesito è sufficientemente chiaro e se riguarda le materie che la Costituzione sottrae al referendum: nient’altro.

Il tentativo del Governo (maldestro o geniale, lasciamo ai lettori il giudizio) ha tuttavia sortito un effetto rilevante. Gli elettori residenti all’estero hanno espresso il loro voto sulle vecchie schede, contenenti un quesito diverso da quello sottoposto ai residenti in Italia. Quali saranno le conseguenze? Le questioni sono (almeno) due e vanno tenute distinte.

Primo problema: i voti effettivamente espressi – presumibilmente poche decine di migliaia – saranno validi?

Secondo problema: gli elettori residenti all’estero, che non hanno avuto materialmente la possibilità di esprimersi su uno dei quesiti (non avrebbero potuto farlo nemmeno recandosi in Italia), saranno conteggiati ai fini del raggiungimento del quorum?

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L'autore: Andrea Carapellucci

Analista giuridico di TP, si è laureato in Giurisprudenza all’Università di Torino ed è dottorando in Diritto amministrativo presso l’Università degli Studi di Milano.
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