Referendum: un istituto da riformare?

Pubblicato il 22 Giugno 2011 alle 17:38 Autore: Vito Contardo
referendum astensione

Da quando è invalsa la pratica da parte dei contrari ai quesiti di fare campagna per l’astensione invece che per il “no” c’è stato il venir indirettamente meno della segretezza del voto. La tua partecipazione, che sia espressa con un “si”, con un “no”, con una scheda bianca o nulla, contribuisce in egual misura al raggiungimento del quorum. Sostanzialmente quindi vale come un “si”: dato che gran parte di chi è contrario ai quesiti si astiene è molto probabile che i “si” prevalgano sui “no”. Siamo così giunti al paradosso che chi esprime il proprio dissenso votando “no” – decidendo pertanto di “non barare”, di agire nel quadro dei principi supremi della democrazia – nella vulgata comune venga considerato un buontempone che “non ha capito come funzionano le cose”, un ingenuo sprovveduto che “non sa far di conto”. E’ trattato insomma come un “utile idiota”. Dicono: “che non lo capisci che aiuti chi non la pensa come te a raggiungere il suo obiettivo”? Allora io domando: ci rendiamo conto che i referendum sono stati sviliti ad una sfida per il quorum? Ci siamo accorti che il pomeriggio del 13 giugno tutti eravamo a guardare il dato dell’affluenza e non la percentuale dei “si” e dei “no”? Di questo passo succede che il fatto stesso di avere sulla tessera elettorale il timbro classificherà automaticamente il possessore come un sostenitore del “si”, perché chi è per il “no” sta a casa.

  • C’è astensionismo e astensionismo, che fare?

Il punto è evitare che chi è contrario possa sommare ai suoi numeri quelli di chi è disinteressato, o meglio evitare che l’ astensionismo “motivato e strategico” – ammesso e non concesso che questo sia lecito – si sommi con quello fisiologico. Chi invece – dimostrando di avere una coscienza scrupolosa e una grande dose di umiltà – si rende conto di essere sostanzialmente non preparato, non sufficientemente informato e consapevole sull’oggetto dei quesiti, cosa dovrebbe fare? Probabilmente votare scheda bianca, perché mai astenersi? Chi si trova in questa situazione infatti non è disinteressato all’argomento, tutt’altro. Costui però – per mancanza di conoscenze specifiche e approfondite dell’argomento – non si sente in grado di esprimere un voto favorevole o contrario alla abrogazione di una certa norma. Dunque dovrebbe avere l’orgoglio di non voler essere computato nel calderone dei “disinteressati” che si astengono.

  • Disinformazione e altre degenerazioni

Molti di quelli che promuovono il “si” elevano il quorum a “fine ultimo” che giustifica qualsiasi mezzo. I referendum di questo giugno lo hanno confermato. Questa campagna referendaria ha profuso una grande quantità di inesattezze e forzature, che hanno dato vita nella mente delle persone a un mostro virtuale. Alla stragrande maggioranza della gente che è andata a votare si è fatto credere che i due quesiti sull’acqua fossero “contro la privatizzazione” e “contro l’ingiusto profitto”. Mi dispiace per chi in buona fede lo ha creduto e tuttora lo crede, ma purtroppo (o per fortuna) questi slogan propagandavano falsità.

Viceversa i contrari alla abrogazione che optano per un’astensione strategica, evidentemente, non promuovono alcuna campagna di informazione, preferiscono far passare sotto silenzio la consultazione referendaria affinché il quorum non venga raggiunto. Non confutano quello che sostengono i comitati per il “si”, semplicemente non se ne curano.

In questo caso, pertanto, i cittadini perdono esattamente la metà dell’informazione in proposito, si ha una campagna unidirezionale (quella del “si”) che, in pratica, può dire qualunque cosa. Tanto non c’è nessuno ad avere qualcosa da ridire, chi sta dall’altra parte della barricata si guarda bene dall’intervenire nel dibattito. O meglio, dice con ghigno beffardo e compiaciuto: “meno se ne sa, meglio è”.

referendum

C’è poi la questione del pessimo stato del sistema informativo cosiddetto pubblico in Italia a rendere le cose ancora peggiori. La Rai ha reso un servizio quasi inesistente. Per il referendum del 12 e 13 giugno infatti doveva essere tutto pronto il 4 aprile. Invece gli ostruzionismi del governo hanno fatto slittare tutto al 4 maggio, insomma si è perso un mese di campagna elettorale. Peraltro quando l’informazione “è partita” è stata talvolta fatta in modo superficiale e poco professionale. Sono così diventate icone di questioni come i servizi pubblici e il piano energetico nazionale, non scienziati ed economisti, ma un comico qualunquista e un cantante molleggiato. Una democrazia sana tuttavia si basa su cittadini perfettamente informati, non dimentichiamolo. E noi da questo punto di vista siamo anni luce indietro.

 

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