Non tutto è buono ciò che si autoproclama “buono”

Pubblicato il 12 Maggio 2013 alle 15:45 Autore: Redazione

Del resto, già nei primi anni Ottanta, il missionario Alex Zanotelli – non a caso, prefattore del volume – denunciò le medesime storture che, come lui stesso ha potuto constatare sul campo, non si sono allentate col passare del tempo, anzi sono peggiorate… Ad esempio, per Zanotelli, pur riconoscendo la complessità del sistema a cui appartengono, “le o.n.g. alla fine sono servite più a noi che agli impoveriti, perché funzionali a un modello di sviluppo occidentale. Diventano spesso i paletti avanzati del nostro commercio estero”.

Gli attivissimi Alberto Zoratti e Monica Di Sisto si sono occupati, invece, dell’altro aspetto, complementare, del “marketing della buona causa”, ossia dello sfruttamento degli ideali di sostenibilità ed economia verde che sono riusciti a fare breccia anche fra le masse. La raggiunta popolarità di questi concetti ed approcci, infatti, come documentano Zoratti e Di Sisto in “I Signori della Green Economy” edito da EMI (www.emi.it), ha un rovescio della medaglia molto pericoloso: quello, appunto, di essere ingabbiati dalle normali logiche di business.

Il rischio sostanziale è quello, infatti, di sviluppare una green economy “di facciata”, replicando i meccanismi della vecchia economia “fossile”, fondata su profitto e speculazione finanziaria. Che il “vecchio” continui a controllare, grazie al pensiero unico ed all’egemonia culturale del “mercato”, il dibattito sull’economia verde, intendendola come un’economia basata esclusivamente sul mercato, sulla concorrenza e la competizione spregiudicata.

In queste preziose 175 pagine, i due autori, quindi, provano a smascherare le logiche dei grandi speculatori internazionali in grado, grazie alla comunicazione propagandistica ed agli appoggi politici, di sfruttare per i propri interessi anche le “buone cause”. Il prossimo passo è l’assalto ai “mercati naturali”, che prevede la creazione di nuovi “beni commerciabili” quali i permessi di emissioni del carbonio e i loro derivati, la “Borsa verde” oppure quella che può venir definita “monetizzazione della natura”, con relativi certificati e titoli.

Per Zoratti e la Di Sisto – che come tanti altri affidano le proprie residue speranze di reale cambiamento ai movimenti sociali locali e globali – si tratta di mettere a nudo quello che chiamano “un iperconsumismo verniciato di sostenibilità” e tutto ciò che c’è dietro ad “un’autoproclamata responsabilità sociale e ambientale”.

Insomma, non tutto è buono o genuino ciò che si autoproclama “caritatevole”, “terzomondista”, “sostenibile” o “responsabile”.

Gaetano Farina

L'autore: Redazione

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