Il Grande Gatsby, gli ultimi fuochi degli Anni Ruggenti
“E mentre meditavo sull’antico mondo sconosciuto, pensai allo stupore di Gatsby la prima volta che individuò la luce verde all’estremità del molo di Daisy. Aveva fatto molta strada per giungere a questo prato azzurro e il suo sogno doveva essergli sembrato così vicino da non poter più sfuggire. Non sapeva che il sogno era già alle sue spalle, in quella vasta oscurità dietro la città dove i campi oscuri della repubblica si stendevano nella notte.
Gatsby credeva nella luce verde, il futuro orgiastico che anno per anno indietreggia davanti a noi. C’è sfuggito allora, ma non importa: domani andremo più in fretta, allungheremo di più le braccia … e una bella mattina…
Così continuiamo a remare, barche contro corrente, risospinti senza posa nel passato“.
Si chiude così il Grande Gatsby, con una sorta di testamento spirituale dello stesso Fitzgerald. Luhrmann reinterpreta il romanzo, di cui ci sono tre altre versioni cinematografiche, attraverso la sua personale cifra stilistica, che abbiamo imparato a conoscere con Romeo + Giulietta, Moulin Rouge, ed Australia. Una colonna sonora che comprende nomi come Jay Z, Beyoncè e Lana Del Rey: il regista australiano punta sui fuochi d’artificio per colpire, al pari del protagonista, ma a Cannes il film è stato accolto con freddezza. Al di là d tutto, resta però la grandezza, la capacità di emozionare, di un autore come Fitzgerald il cui messaggio ed intensità ci arrivano intatti, a distanza di quasi un secolo.