Sulla finale di Champions, parte III: i “progetti”

Pubblicato il 24 Maggio 2013 alle 18:20 Autore: Emanuele Vena

Tutto ciò spiega l’enorme e costante disponibilità finanziaria del Bayern in chiave mercato. Un tesoretto che ha permesso, negli ultimi 6 anni, investimenti pesanti e mirati del calibro di Ribery (25 milioni), Gomez (30), Robben (24), Neuer (22), Javi Martinez (40), senza dimenticare l’imminente arrivo di Mario Götze, per il quale è stata pagata l’intera clausola rescissoria di 37 milioni. Il saldo di mercato negativo è ampiamente controbilanciato dalla potenza di fuoco a livelli di fatturato. L’alto livello di ricavi contribuisce inoltre a ridurre la minaccia rappresentata dal monte ingaggi conseguente ad una così massiccia dose di investimenti nei cartellini dei calciatori acquistati: il costo del personale (ammortamenti inclusi) è pari a poco più della metà del fatturato, livello assolutamente in linea con i parametri del fair-play finanziario.

I risultati sul campo di una tale solidità economica sono sotto gli occhi di tutti: dal 2005 ad oggi 5 scudetti, 4 coppe e 3 supercoppe nazionali. A cui aggiungere ben 2 finali di Champions (perse) ed una terza da giocare. Tutto ciò ha fatto lievitare notevolmente il valore della rosa a disposizione di Heynckes, che oggi si aggira sui 430 milioni (+100 rispetto all’estate 2011, con un valore medio di quasi 16 milioni per calciatore), di gran lunga il migliore della Bundesliga ed il quarto d’Europa, dietro a Barcellona, Real e Manchester City.

Il progetto del Borussia Dortmund parte da ancor più lontano. La società che nel ’97 vinse Champions League e Intercontinentale è ormai solo un lontano ricordo, soprattutto sul piano economico-finanziario. I fasti di fine millennio furono anche frutto di una sovraesposizione finanziaria che si sarebbe ripercossa sulle sorti del club renano di lì a poco. Il tentativo di mantenere uno status da top club spinse il Borussia in un vortice di spese pazze, accompagnato da risultati sul campo assolutamente deficitari (al netto di un estemporaneo scudetto nel 2002). Quello che (per una squadra abituata a mantenersi ad alti livelli sia a livello nazionale che continentale) avrebbe dovuto essere la semplice chiusura di un ciclo vincente, per il Borussia si trasformò in una sorta di incubo, che portò nel 2005 la società ad un passo dal fallimento.

Una volta sull’orlo del baratro, i giallo-neri scelsero l’unica strada possibile per ripartire: contenere i costi investendo sui giovani. Alimentato dai prestiti iniziali di Morgan Stanley e di partner inaspettati (il Bayern, che intervenne in soccorso dei rivali acquistandone un pacchetto di azioni), il Borussia attinse a piene mani dal nuovo corso inaugurato dalla Federazione, attivando una fitta rete di scouting.

Dopo un paio di salvezze sofferte, nell’estate 2008 il club assunse l’attuale tecnico, Jürgen Klopp. L’allora 40-enne allenatore divenne così il simbolo altrettanto giovane di una ricostruzione basata sulla crescita di talenti in erba. Il lavoro attuato da due bandiere storiche del Borussia, il ds Michael Zorc (in carica dal ’98, alla fine del ciclo vincente) e il responsabile del settore giovanile Lars Ricken (uno dei simboli della finale di CL del ’97), ha portato ad un miglioramento progressivo dei risultati sul campo (un sesto ed un quinto posto, per poi giungere ai due scudetti consecutivi), il quale ha trainato ovviamente anche la rinascita economica.

Come certificato da Deloitte, negli ultimi anni anche il Borussia sta seguendo il percorso del Bayern di costante incremento di ricavi, sebbene con cifre meno eclatanti rispetto a quelle del club bavarese. Il bilancio 2011-12 ha presentato un fatturato di 189 milioni (+60 rispetto alla stagione precedente, passando dal 16° all’11° posto nella classifica europea), ai quali va aggiunta la voce che rappresenta al meglio il successo del progetto basato sui giovani e lo scouting: le plusvalenze, che nel 2011-12 hanno raggiunto la considerevole cifra di 26 milioni. Il risultato dell’ultimo esercizio risente in positivo delle cessioni di Perisic (7.5 al Wolfsburg, dopo averlo acquistato a 5.5 dal Bruges appena 18 mesi prima), Lucas Barrios (ceduto in Cina al Guangzhou di Lippi per 8.5 milioni, dopo aver quasi completamente ammortizzato i 4.2 milioni investiti nel suo cartellino 3 anni prima) ma soprattutto del capolavoro Kagawa, scovato in Giappone a 350 mila euro e rivenduto due stagioni dopo al Manchester United per la considerevole cifra di 16 milioni. E questa voce di bilancio promette di essere ancora migliore nel prossimo esercizio, visti i 37 milioni incassati per Götze (cresciuto nel vivaio renano e quindi pagato zero), senza escludere ulteriori cessioni eccellenti.

Oltre agli introiti da stadio (il Signal Iduna Park, nuovo nome del vecchio Westfalenstadion, bolgia infernale di 80 mila spettatori con una percentuale stagionale spettatori/capienza che si aggira attorno al 99%!) importante è lo sfruttamento del settore commerciale, che nell’ultimo esercizio ha generato ricavi per circa 100 milioni, rappresentando praticamente metà dell’intero fatturato.

Coreografie al Signal Iduna Park

Coreografie al Signal Iduna Park

Tutto ciò ha portato ad utili di bilancio da lustrarsi gli occhi: i 36 milioni di attivo dell’ultimo esercizio rappresentano la certificazione definitiva della buona riuscita del processo di rinascita economica del club. E l’ultimo bilancio avrebbe potuto essere ancora migliore, se solo il Borussia nella scorsa stagione non fosse subito inciampato in Champions, chiudendo all’ultimo posto il suo abbordabile girone e mancando così persino il passaggio in Europa League.

Tale ritrovata potenza economica ha dato la possibilità di effettuare investimenti più coraggiosi anche in campagna acquisti. Marco Reus, talento puro lasciato andare in regime di svincolo appena 17-enne e poi ricomprato un anno fa a suon di milioni (17, pari alla clausola rescissoria fissata dal Mönchengladbach, suo club di appartenenza) ne è il primo esempio, ancor più rilevante se si pensa che tale cifra rappresenta poco meno della metà di quanto speso complessivamente (40 milioni, pari a quanto pagato dal Bayern per il solo Javi Martinez) per mettere in piedi l’11 titolare che si giocherà la finale di Wembley.

Il grande lavoro degli ultimi anni ha portato ai meritati successi sul campo, con due scudetti, una coppa e supercoppa di Germania. La negativa esperienza della scorsa Champions League ha temprato notevolmente il gruppo: il raggiungimento della finale 2012-13 rappresenta la risposta migliore. Tuttavia, con l’ultimo triennio di successi economici e sportivi alle spalle, il Borussia moralmente ha già vinto, indipendentemente dall’esito della finale. La gara di Wembley è soprattutto il giusto tributo per un gruppo di giocatori giovani e con pochi stranieri (appena 9 su 28, di cui 3 polacchi) che ad oggi vale 255 milioni (+100 rispetto all’estate 2011, circa 9 milioni per calciatore, 2° posto in Bundesliga ed 11° in Europa). Una cifra che, vista la bassa età media della rosa e al netto delle cessioni, è destinata a lievitare ulteriormente.

L'autore: Emanuele Vena

Lucano, classe ’84, laureato in Relazioni Internazionali presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Bologna e specializzato in Politica Internazionale e Diplomazia presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Padova. Appassionato di storia, politica e giornalismo, trascorre il tempo libero percuotendo amabilmente la sua batteria. Collabora con il Termometro Politico dal 2013. Durante il 2015 è stato anche redattore di politica estera presso IBTimes Italia. Su Twitter è @EmanueleVena
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