Nord Caucaso polveriera pronta ad esplodere

Pubblicato il 3 Giugno 2013 alle 09:43 Autore: Antonio Casoria
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Dunque, una vera è propria guerra strisciante e subdola quella che nell’ultimo mese ha preso piede in Daghestan e che rischia di diffondersi come un’epidemia alle instabili Repubbliche del Nord del Caucaso, dove un intreccio pericoloso di estremismi religiosi,  forze centrifughe indipendentiste, influenze internazionali (come quelle della vicina Georgia) che mirano volontariamente a destabilizzare l’area e l’endemica e gigantesca corruzione degli apparati statali che spesso si trovano in conflitto al loro interno, minaccia la pace. Intanto le forze di polizia riescono a stento a fronteggiare l’aggressività di queste bande armate e lamentano la scarsità di uomini, mezzi e di un comando efficiente in grado di seguire una linea difensiva univoca e non contraddittoria.

Proprio per questo motivo l’interesse per ciò che sta avvenendo nel Caucaso russo e in particolare in Dagestan sta risvegliando la politica. In particolare mercoledì scorso è intervenuto a sostegno del governatore del Dagestan, bersagli di molte critiche, il giovane presidente della Cecenia e fedelissimo di Putin, Razman Kadyrov, sostenendo che: “Abdullatipov è in grado di affrontare la difficile situazione in Dagestan, e lo fa con grande successo. E’ un patriota e ama il suo popolo, e sono sicuro che riuscirà a fronteggiare i terroristi”, ha detto Kadyrov, sottolineando che Abdullatipov è un politico esperto e navigato. Attualmente il presidente Ceceno potrebbe essere incaricato da Vladimir Putin di costituire una task force diplomatica per risolvere la crisi del Dagestan, di concerto con la Georgia, paese che in passato non ha negato di spalleggiare e proteggere i gruppi armati che devastano la piccola Repubblica ma che adesso è costretta a prendere posizione contro la guerriglia a seguito del mutato clima politico interno, meno anti russo.

Accanto a questi movimenti diplomatici locali, si muove anche la grande diplomazia per vedere meglio cosa sta accadendo nel Caucaso. Il 30 maggio, infatti, il Segretario Generale del Consiglio d’Europa, Thorbjørn Jagland, ha avuto un incontro con il presidente russo Vladimir Putin e il ministro degli Esteri Sergei Lavrov circa la richiesta da parte del Consiglio di ammettere osservatori europei in Abkhazia e Ossezia del Sud. Le regioni che nel 2008 furono teatro dei sanguinosi scontri fra Russia e Georgia.

Jagland ha reso noto la notizia dopo l’incontro con il vice ministro degli Esteri della Georgia, David Zalkaliani.

“Si è parlato di una missione di monitoraggio. Fino ad ora non abbiamo avuto questa possibilità, ma stiamo lavorando sul problema. Ho sollevato la questione nel corso della riunione con il presidente e il ministro degli Esteri russo. Spero davvero che in futuro saremo in grado di annunciare che una missione di monitoraggio possa venir concessa nella zona di conflitto “. Ha detto Jagland.

Dunque il cerchio si stringe e il mondo comincia a guardare con timore una possibile escalation di violenza in una delle aree più instabili del mondo. Insieme alla Siria, ora la Turchia, il Caucaso potrebbe diventare un ennesimo fronte caldo pronto ad esplodere con violenza, come già avvenuto in un recente passato e come lo stillicidio quotidiano di morti sta a testimoniare.

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