Fini e il mistero del delfino diseredato

Pubblicato il 7 Ottobre 2011 alle 14:00 Autore: Livio Ricciardelli

Quando però la cosa rischiava, come tutte, di finire definitivamente nell’oblio della mia memoria notai, sempre sulle pagine del quotidiano fondato da Eugenio Scalfari, nel bel mezzo dello scandalo legato a Fini e alla casa di Montecarlo un trafiletto che riportava la sintesi di un’intervista (http://www.blitzquotidiano.it/politica-italiana/vedova-almirante-fini-msi-case-538900/)fatta sull’argomento a donna Assunta Almirante. In questa intervista la vedova dello storico leader missino parlava delle case che molti militanti dell’Msi intestavano al marito in punto di morte. E che Almirante prontamente intestava all’Msi per arricchire il partito.

La sintesi dell’intervista finiva con un informazione storica riguardante il destino politico di Gianfranco Fini: ”Giorgio non aveva intenzione di nominare Gianfranco Fini segretario del partito: la sua intenzione era, cosa che sanno pochissimi, affidare la segreteria a Vincenzo Trantino. Fui io a dirgli che doveva cambiare generazione”.

Leggendo quelle righe mi accorsi che mi trovavo in una situazione paradossale: del tutto inconsapevolmente, e decisamente per vie traverse, avevo trovato soluzione ad un dubbio di qualche anno prima. Ora finalmente avevo capito cosa si erano detti Almirante e l’avvocato Trantino in quella sera d’estate nel ferrarese!

Alla luce  di questa informazione politica non può che essere molto interessante porsi la domanda: ma come sarebbe cambiata la storia della destra italiana se, anziché Fini, Trantino fosse diventato leader del Movimento Sociale Italiano?

Senz’altro si sarebbe trattato di una nomina che pur promuovendo non un giovane dirigente della nuova generazione avrebbe portato ad una svolta quasi epocale nella destra italiana. Infatti abbiamo detto delle simpatie monarchiche di Trantino ed è fondamentale sapere che lo stesso avvocato in gioventù aveva militato nel Partito Nazionale Monarchico, creatura politica guidata da Alfredo Covelli e nata a seguito della separazione politica con l’ex sindaco di Napoli Achille Lauro che cercava disperatamente approdi sul lato Dc col suo Partito Monarchico Popolare.

E’ noto che dopo la riunificazione dei monarchici di Covelli con quelli di Lauro, a seguito della crisi del governo Tambroni che sanciva la fine della fase del centrismo e la ricerca di un accordo a sinistra coi socialisti, nel 1972 il Partito Democratico d’Unità Monarchica confluì nel Movimento Sociale Italiano che aggiunse alla sua denominazione la sigla “Destra Nazionale”. E’ proprio in quell’anno, in cui l’Msi-Dn ottenne il suo record di consensi elettorali con l’8,7%, Trantino fu eletto in parlamento in quanto proprio ex monarchico.

Una sua nomina alla guida del partito dunque avrebbe significato se non una rottura con l’esperienza del fascismo (ripresa in chiave nostalgica dallo stesso Almirante addirittura nel corso del congresso di Sorrento dell’87) un’ ulteriore storicizzazione di quella esperienza politica con possibilità ancor più marcate di ottenere consensi elettorali da un elettorato magari sempre più scettico nei confronti di una Democrazia Cristiana sempre più accondiscendente nei confronti dell’ambizioso alleato socialista.

Ma soprattutto, pur partendo dalla base che la politica non si fa coi “se” e coi “ma”, la vicenda dell’Msi a guida Trantino avrebbe portato negli anni ’90 ad un incremento a tratti maggiore del movimento.

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L'autore: Livio Ricciardelli

Nato a Roma, laureato in Scienze Politiche presso l'Università Roma Tre e giornalista pubblicista. Da sempre vero e proprio drogato di politica, cura per Termometro Politico la rubrica “Settimana Politica”, in cui fa il punto dello stato dei rapporti tra le forze in campo, cercando di cogliere il grande dilemma del nostro tempo: dove va la politica. Su Twitter è @RichardDaley
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