Le variopinte sfumature di piazza Tahir

Pubblicato il 15 Luglio 2013 alle 12:50 Autore: Ilenia Buioni

Un colpo di Stato sui generis

Le ostilità e il sostegno al regime destituito danno corpo ai flussi umani che serpeggiano tra i viali del Cairo e il lungomare di Alessandria: con il medesimo coinvolgimento insistono per la fine di una quasi-teocrazia o, al contrario, per il mantenimento di un presunto stato civile fondato sul diritto (sebbene islamico).

L’analista Amr Al-Shobaki concorda sul fatto che l’ultima Costituzione non possa tollerare nel lungo termine le anomalie che presenta, specialmente sotto il versante delle inammissibili concessioni a favore del partito islamico al-Nour, che pure ha sostenuto la deposizione del Presidente Morsi.

È chiaro che tutte le vittime degli scontri che si sono susseguiti a partire dalla rivoluzione di Gennaio, come anche nel corso della transizione guidata dal Supremo Consiglio delle Forze Armate e più recentemente sotto la Presidenza Morsi, non possono essere dimenticate, ma se la vendetta continuasse a creare ulteriori martiri senza nome diverrebbe impossibile ricostruire il tessuto del Paese. È l’eco di un sogno già avvertito, che riporta l’attenzione agli anni Cinquanta di Nasser, quando l’Egitto era diventato il capofila del mondo arabo.

Ebbene, la costruzione di uno Stato moderno, laico e democratico non sarà tale fino a che esso non sarà capace di ascoltare quell’umanità senza voce, che chiede laicismo, giustizia sociale e diritti civili.

Ma il vecchio continente insegna per primo come la modernità  e la secolarizzazione sono baluardi di civiltà che hanno segnato un passaggio non certo indolore alla democrazia lungamente agognata.  Il discorso è il medesimo – solo amplificato da toni più decisi – che potrebbe oggi applicarsi ad un Egitto che sembra scivolare sul piano inclinato dell’ incertezza.

Nelle ultime settimane le maggiori forze geopolitiche globali hanno provato a denominare la deposizione del Presidente Morsi. I palleggi infiniti tra le alternative ammissibili – che si tratti di golpe, rivoluzione  o persino di impeachment popolare –  prolungano una partita che non sarà affatto risolutiva.

Nel variegato miscuglio di sfaccettature interpretative,  potrebbe calarsi il sipario sulla legittimità dell’intervento militare. Una disquisizione destinata a restare incompresa ed insoluta, a meno che non si rifletta su coloro che occupano il proscenio.

Da un lato il Consiglio Supremo delle Forze Armate, che ha fatto irruzione nel Palazzo Presidenziale di Heliopolis e ha arrestato il Presidente in carica; dall’altro la Magistratura, ossia la Suprema Corte Costituzionale, che riveste la Presidenza ad interim.

Ebbene, proprio le fondamenta istituzionali edificate nei trent’anni dell’era Mubarak – e che Morsi aspirava ad esautorare – incarnano adesso l’esigenza esasperata di ridefinire profondamente lo status quo.

Luttine Ilenia Buioni

 

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