Speciale Nordland: l’attentato a Oslo e Utøya

Pubblicato il 22 Luglio 2013 alle 14:45 Autore: Antonio Scafati

Parole simili le ha scritte Ali Esbati sul quotidiano svedese Aftonbladet. Esbati è il responsabile del Think Tank Manifest Analyse ed era a Utøya il 22 luglio 2011: “Collocare l’attacco terroristico in un contesto politico è importante per due ragioni.

È importante per arrivare a una migliore comprensione del pensiero di Breivik ed è importante per riuscire a contrastare altri potenziali terroristi”.

Eppure, a due anni di distanza da quel pomeriggio, per Ali Esbati la Norvegia non ha imparato nulla.

I partiti si sono concentrati solo sulla sicurezza ma un discorso organico sulle politiche di integrazione è mancato.

A monopolizzare il dibattito in effetti sono state questioni pratiche: se dare più poteri alla polizia, come assicurare alle forze dell’ordine più risorse, se armare i propri agenti o meno, se e dove il governo guidato dai laburisti abbia commesso errori.

Anders Behring Breivik, l'autore della strage del 22 luglio 2011

Anders Behring Breivik, l’autore della strage del 22 luglio 2011

I limiti della macchina governativa sono venuti al pettine uno dopo l’altro. Lo scorso febbraio, l’intero Parlamento norvegese ha votato una mozione di condanna nei confronti dell’esecutivo, colpevole di non essere stato in grado di scongiurare la strage del 22 luglio, né di rispondere all’attacco in modo efficace.

Un voto a cui si sono uniti anche gli stessi deputati della maggioranza. Il primo ministro Stoltenberg non s’è mai nascosto dietro un dito, assumendosi la responsabilità degli eventi, seppur inquadrandola in una carenza strutturale del sistema norvegese. Il premier non ha però mai preso in considerazione l’ipotesi di dimettersi, così come chiesto dall’opposizione. A pagare sono stati i vertici della polizia.

Il danno d’immagine è stato comunque notevole. E sarà interessante capire quanto il ricordo degli eventi di due anni fa peserà il prossimo 9 settembre, quando i norvegesi saranno chiamati alle urne per scegliere un nuovo governo. Raymond Johansen, segretario del partito laburista, tre settimane fa aveva detto che l’attentato “ha avuto poco impatto sulla campagna elettorale per le elezioni di questo autunno”.

È vero: fino a oggi nessun partito di opposizione ha giocato la carta dell’attentato del 22 luglio, il dramma collettivo di due anni fa non è stato utilizzato come argomento di propaganda. Le accuse del centrodestra sono sempre state severe, ma non strumentali.

Le ferite tra la popolazione però ci sono, restano, e potrebbero spostare voti. Forse non tanti, probabilmente meno di quanti era possibile immaginare solo un anno fa, quando la discesa dei socialdemocratici nei sondaggi veniva interpretata anche come una perdita di fiducia legata ai fatti del 22 luglio.

L’attentato di due anni fa sarà comunque un fardello che i norvegesi si porteranno appresso, quando andranno a votare. Un fardello forse invisibile, forse inconsapevole, ma comunque un fardello con il quale fare i conti.

L'autore: Antonio Scafati

Antonio Scafati è nato a Roma nel 1984. Dopo la gavetta presso alcune testate locali è approdato alla redazione Tg di RomaUno tv, la più importante emittente televisiva privata del Lazio, dove è rimasto per due anni e mezzo. Si è occupato per anni di paesi scandinavi: ha firmato articoli su diverse testate tra cui Area, L’Occidentale, Lettera43. È autore di “Rugby per non frequentanti”, guida multimediale edita da Il Menocchio. Ha coordinato la redazione Esteri di TermometroPolitico fino al dicembre 2014. Follow @antonio_scafati
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