Commemorazioni, Europa e approfondimenti: la settimana scandinava

Pubblicato il 25 Luglio 2013 alle 15:11 Autore: Antonio Scafati

Il ministro della Giustizia svedese Beatrice Ask ha accolto freddamente la proposta di Bruxelles: la direzione è giusta, ha detto la guardasigilli, ma potrebbe dar via a un trend nel quale un pubblico ministero agisce liberamente senza il rispetto dei confini nazionali. E questo sviluppo a Stoccolma non piace.

In Danimarca questi giorni d’estate servono ai giornali per provare a fare qualche approfondimento. Il quotidiano conservatore Berlingske Tidende si è fatto due domande: come è cambiata la società danese negli ultimi anni? E quali idee politiche e socioeconomiche si sono fatte strada a Copenhagen e dintorni? Il Berlingske Tidende ha tentato di rispondere descrivendo la traiettoria di una persona: parliamo di Søren Pind, membro del partito Liberale, ex ministro dell’Integrazione, da molti colleghi considerato una sorta di falco dalle opinioni ultra-liberiste.

Il quotidiano danese Berlingske Tidende

Il quotidiano danese Berlingske Tidende

Pind ha le idee chiare da anni: ha sempre sostenuto la necessità di drastici  tagli fiscali, una riduzione del settore pubblico, l’importanza della responsabilità individuale, l’esigenza di una ridefinizione dei confini del welfare alla luce delle mutate priorità economiche generali. Ora secondo il Berlingske Tidende molte delle sue argomentazioni trovano sostenitori in giro per la società danese.

Solo dieci anni fa non era così. Johannes Andersen, professore di sociologia all’Università di Aalborg, sottolinea che queste idee sono penetrate non solo popolo danese, ma anche in generale nel panorama politico e in particolare nell’attuale esecutivo di centrosinistra.

Quella del Berlingske Tidende è un’opinione e come tale va presa, ma propone uno spunto di riflessione interessante, considerato che negli ultimi mesi il governo guidato dalla laburista Thorning-Schmidt è stato spesso accusato di proporre politiche sociali ed economiche più a destra del precedente governo conservatore.

L’Islanda nel frattempo incassa il parere positivo di Moody’s. L’agenzia di rating ha promosso l’economia islandese pur mantenendo qualche riserva: le finanze pubbliche si sono rimesse in sesto, la crescita è buona anche se non come ci si poteva aspettare. Un plauso va al governo di centrosinistra congedato tre mesi fa da dagli elettori: secondo Moody’s sono state prese le decisioni giuste per scongiurare un altro crack del settore bancario.

Le sfide ora si chiamano debiti delle famiglie e tassazione, e proprio quest’ultima secondo l’agenzia non dovrebbe essere tagliata: il rischio sarebbe quello di tornare indietro. Il destino dell’isola, conclude l’agenzia di rating, è legato agli investitori stranieri. È di quei soldi che Reykjavík ha bisogno.

L'autore: Antonio Scafati

Antonio Scafati è nato a Roma nel 1984. Dopo la gavetta presso alcune testate locali è approdato alla redazione Tg di RomaUno tv, la più importante emittente televisiva privata del Lazio, dove è rimasto per due anni e mezzo. Si è occupato per anni di paesi scandinavi: ha firmato articoli su diverse testate tra cui Area, L’Occidentale, Lettera43. È autore di “Rugby per non frequentanti”, guida multimediale edita da Il Menocchio. Ha coordinato la redazione Esteri di TermometroPolitico fino al dicembre 2014. Follow @antonio_scafati
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