La settimana scandinava tra elezioni vicine e lontane

Pubblicato il 8 Agosto 2013 alle 09:27 Autore: Antonio Scafati

Fermento c’è pure in Finlandia. Di ritorno dalle vacanze, il primo ministro Katainen ha smentito le ipotesi secondo le quali potrebbe lasciare il suo incarico di governo nei prossimi mesi, a legislatura in corso: “Non vado da nessuna parte. Punto”.

Motivi per fare un passo indietro non ce ne sono, spiega, anzi c’è molto da lavorare. L’obiettivo principale del governo, ha aggiunto, è tenere a bada la crescita del debito pubblico, senza però fare scelte che producano recessione e disoccupazione.

Insomma nel bilancio del prossimo autunno bisognerà trovare il giusto compromesso e il governo ha già cominciato a metterci mano: la proposta presentata dal ministro delle Finanze Jutta Urpilainen prevede una manovra che nel complesso farebbe salire il debito a 98 miliardi di corone. Il bilancio comincerà ad essere discusso a fine mese: nel frattempo, l’opposizione disapprova.

Jyrki Katainen, primo ministro della Finlandia dal 2011

Jyrki Katainen, primo ministro della Finlandia dal 2011

Ma l’attenzione nei confronti della programmazione economica del governo non basta a smorzare le voci intorno alla poltrona di Katainen. Un sondaggio di un paio di settimane fa ha svelato come il 25 per cento dei membri del partito sia dell’idea che Katainen dovrebbe lasciare la guida del partito nel corso del congresso che si terrà l’estate prossima. La maggioranza è ancora con lui, ma dietro le quinte comincia a muoversi qualcosa. Si fanno ad esempio i nomi per il dopo Katainen: Jan Vapaavuori, Petteri Orpo, Henna Virkkunen e Alexander Stubb, attuale ministro per gli Affari europei.

Tasse e disoccupazione animano invece il dibattito in Danimarca, dove la politica non ha ancora ripreso i propri ritmi. L’Alleanza Liberale in questi giorni ha proposto di tagliare le tasse attraverso una corposa sforbiciata alla spesa pubblica. Nulla di nuovo, se non nei numeri. Il partito ritiene infatti che i margini di manovra siano molto più ampi di quanto si immagini. Ci sono infatti 53 miliardi di corone che possono essere risparmiati nel settore pubblico senza guastare l’offerta di servizi ai cittadini, dice Ole Birk Olesen che nel partito è il portavoce per le questioni fiscali.

In pochi sembrano crederci, però. Nina Smith, docente di economia all’università di Aarhus, crede che sia “pazzesco pensare di tagliare 50 miliardi di corone senza produrre effetti sui servizi alla popolazione”. Sulla stessa lunghezza d’onda i socialdemocratici al governo: “L’Alleanza Liberale sottovaluta l’intelligenza dei danesi se pensa che si possa risparmiare chiudendo 37 ospedali e licenziando 75mila dipendenti pubblici” ha detto il laburista Henrik Sass Larsen.

Capitolo economia. Nelle scorse settimane a Copenaghen sono stati accolti positivamente i numeri che indicano come le cose stiano lentamente migliorando. La strada però è ancora lunga e a dimostrarlo è uno dei temi più spigolosi: il lavoro. La disoccupazione sta calando, infatti, ma non tutto è tornato a funzionare bene.

Tra quelli che nei mesi scorsi sono usciti fuori dagli schemi di protezione sociale a causa della scadenza dei termini di beneficio dei sussidi, in ben pochi hanno ritrovato un lavoro: appena l’8,9 per cento su 18.000 persone, scrive il Jylland-Posten. Negli anni prima della crisi, la Danimarca si reggeva su un sistema capace di riassorbire in fretta chi perdeva il posto di lavoro. Oggi non è più così. Segno di un’economia che forse non è più malata ma di sicuro è ancora in convalescenza.

L'autore: Antonio Scafati

Antonio Scafati è nato a Roma nel 1984. Dopo la gavetta presso alcune testate locali è approdato alla redazione Tg di RomaUno tv, la più importante emittente televisiva privata del Lazio, dove è rimasto per due anni e mezzo. Si è occupato per anni di paesi scandinavi: ha firmato articoli su diverse testate tra cui Area, L’Occidentale, Lettera43. È autore di “Rugby per non frequentanti”, guida multimediale edita da Il Menocchio. Ha coordinato la redazione Esteri di TermometroPolitico fino al dicembre 2014. Follow @antonio_scafati
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