Se gli imprenditori non riescono ad assumere italiani

Pubblicato il 14 Agosto 2013 alle 20:13 Autore: Redazione

La fuga di cervelli (o di manovalanza, è d’obbligo allargare il cerchio dei lavoratori espatriati) è un problema di cui la classe politica non si è mai fatta carico.

Ma è altrettanto vero che i dati Istat di maggio hanno registrato la crescita vertiginosa della popolazione Neet (acronimo di Not in Education, Employement or Training), cioè delle persone che non studiano e hanno rinunciato a cercare un lavoro o un tirocinio: +4,4% tra il 2011 e il 2012, +21,1% dal 2008, a inizio crisi. Mentre il tasso di disoccupazione ha superato il 20% (23,4%). Il dato più preoccupante è stato registrato nel Mezzogiorno: 1 giovane su 3 è Neet.

Tuttavia l’azienda del signor Pagotto sta ottenendo degli ottimi risultati grazie anche al contributo della manodopera straniera, più disposta a “rinunciare a un sabato o a una domenica al mese per far funzionare delle macchine che non possono rimanere ferme”.

Una buona notizia per l’imprenditoria italiana, sempre più restia a investire nel nostro paese, soprattutto per la presenza di annosi problemi che restringono gli spazi per i ricavi e impediscono le assunzioni a basso costo: “Burocrazia, tasse, costo del lavoro e dell’energia. Per rimanere competitivo, e per certi prodotti lo siamo più dei cinesi, le mie macchine estremamente automatizzate non devono fermarsi mai. A tre giorni da un ordine Ikea vuole i prodotti in ogni suo negozio d’Europa”.

La recente disputa nella maggioranza di governo sull’abolizione dell’IMU dimostra come al Parlamento sembri importare ben poco la denuncia di Pagotto (che non è isolata). L’abbattimento del costo del lavoro e l’alleggerimento del carico fiscale in busta paga per i lavoratori dipendenti dovrebbero essere le priorità di questa legislatura. Ma – diciamolo pure – ai Neet non serve alcun decreto per stimolare il loro orgoglio e stuzzicare il loro interesse: sull’intraprendenza e la voglia di mettersi in gioco il legislatore non può fare molto.

L'autore: Redazione

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