I dati di Cna che preoccupano Letta

Pubblicato il 16 Agosto 2013 alle 19:09 Autore: Redazione
rassegna stampa

Se il Ferragosto è una sorta di 1 maggio estivo, all’insegna del relax assoluto per tutti i lavoratori ancora in attività, buona parte del governo Letta deve averlo vissuto al cardiopalmo. Da ultimo, anche per “colpa” dei numeri di Cna.

Non bastava il caldo soffocante d’agosto e la notizia dell’Eurostat che dava quasi tutti i paesi Ue fuori dalla recessione tranne noi: la pubblicazione odierna del report della Confederazione Nazionale dell’Artigianato e della Piccola e media impresa sullo stato dell’economia italiana nei primi 7 mesi del 2013 e l’umore dell’esecutivo potrebbe nettamente peggiorare.

Il rapporto Cna è impietoso: “Rischiamo di arrivare a fine anno con 3 milioni e mezzo di italiani senza lavoro – cioè – quattrocentomila in più dei 3 milioni e centomila di oggi”. Inoltre, secondo il Centro studi della confederazione, il primo collasso dell’occupazione del Belpaese è avvenuto a giugno: 22 milioni il numero degli occupati, il valore più basso mai registrato da inizio secolo. Ben poco da commentare.

Il rapporto contiene altre brutte notizie sul fronte della cassa integrazione (Cig): le ore utilizzate sono state 548 milioni, soltanto nei primi mesi del 2013, 4,6% in più rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. La stima di Cna farà sobbalzare dalla sedia il ministro del lavoro Giovannini: “Se queste ore fossero interamente utilizzate si tradurrebbero nella perdita di circa 322mila posti di lavoro”.

L’ecatombe lavorativa riguarda soprattutto i settori dell’industria (22,3 milioni di ore di Cig) e dell’edilizia (7,8 milioni di ore di Cig), quelli maggiormente colpiti dalla crisi. Mentre i due comparti si equivalgono nella perdita dei posti di lavoro, un’emorragia che non riesce ad arrestarsi: 370 mila unità in meno nelle costruzioni contro le 362 mila nelle Pmi.

Tuttavia, sebbene la situazione economica nostrana sia già allarmante, le sirene potrebbero continuare a suonare negli anni venturi: “Forse non abbiamo ancora toccato il fondo”, sentenzia Cna.

istat

Enrico Giovannini

In fondo, bastava leggere una nota della stessa confederazione, pubblicata a giugno: “L’economia italiana non è riuscita a consolidare il timido recupero messo a segno tra le seconda metà del 2009 e i primi sei mesi del 2011 e si trova oggi a confrontarsi con una situazione forse più drammatica di quella registrata al culmine della crisi globale del 2009. Rispetto ad allora, infatti, l’intera economia italiana risulta indebolita da cinque anni di una crisi che non ha precedenti. Da un lato, le famiglie hanno intaccato i propri risparmi sia per la significativa diminuzione del reddito disponibile che per le pessime prospettive del mercato del lavoro; dall’altro le imprese non riescono più a mantenere stabile l’occupazione e sono sempre più a corto di liquidità, sia per l’endemico problema delle difficoltà a incassare i crediti commerciali sia a causa delle restrizioni imposte dal sistema del credito”.

L’allarme era già stato lanciato da un improbabile profeta già a inizio estate. Ma il debole intervento dell’esecutivo e la composizione sempre più precaria dell’esecutivo Letta rischia di terminare la stagione con un’economia ancora molto malata e senza una cura ben precisa, perché questa volta non basteranno i cerotti.

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