L’annus horribilis dell’Italia tra lavoro e università

Pubblicato il 17 Agosto 2013 alle 20:17 Autore: Redazione

Chi, invece, possiede già contratto a tempo indeterminato nella PA non può far festa né godersi le ferie.

Il “congelamento” degli stipendi porterà con sé una perdita di 4.100 euro nel periodo 2010-2014, una mazzata per dipendenti e famiglie.

La beffa non si conclude qui: l’ultimo Consiglio dei Ministri ha prorogato lo stop alla contrattazione e agli automatismi degli stipendi nel settore pubblico.

Repubblica ha descritto nel dettaglio i provvedimenti decisi nel CdM: la proroga riguarda non solo gli stipendi tout court, ma anche “il blocco dei trattamenti economici individuali; la riduzione delle indennità corrisposte ai responsabili degli uffici di diretta collaborazione dei Ministri e l’individuazione del limite massimo per i trattamenti economici complessivi spettanti ai titolari d’incarichi dirigenziali; il limite massimo e la riduzione dell’ammontare delle risorse destinate al trattamento accessorio del personale; i blocchi riguardanti meccanismi di adeguamento retributivo, classi e scatti di stipendio, le progressioni di carriera comunque denominate del personale contrattualizzato e di quello in regime di diritto pubblico”.

Ma se la PA non vede davanti a sé un futuro roseo, all’Università italiana andrà peggio: secondo uno studio della società Datagiovani, dall’anno accademico 2007-2008 a oggi, le immatricolazioni ai corsi universitarie sono crollate vertiginosamente del 12,5% (38.340 matricole in meno). Le date prendono in considerazione due estremi fondamentali, ovvero l’inizio della crisi economica negli Stati Uniti (2008) e l’ultimo periodo del governo Monti (settembre 2012).

Scorrendo il rapporto Datagiovani, si notano le differenze tra il nord e il sud del paese: la moria di iscritti è più pesante nel Mezzogiorno e nelle isole (-20%), mentre è meno preoccupante nel Settentrione (-5%). La forbice si allarga confrontando il dato della Sardegna (-23%) e quello dell’Emilia Romagna (-4%). Tuttavia, il crollo d’iscrizioni al sud dipende – in minima parte – dalla scelta delle famiglie, che hanno deciso d’investire sul trasferimento dei figli nelle sedi universitarie di eccellenza del Centro-Nord: per Datagiovani i siciliani sono i più disposti a compiere questo passo.

Dunque il binomio lavoro-giovani – chiave di volta per ogni politica futura – fatica a entrare nell’agenda degli impegni (immediati) del governo Letta, come fu per i suoi predecessori. Il 2013 potrebbe diventare l’annus horribilis del tessuto sociale italiano e Imu, Iva e Tares rischiano di infierire prepotentemente sulla difficile situazione di numerose famiglie italiane. Si parlerà di nuovo – come fosse un refrain ormai consolidato – di “autunno caldo”, eppure di alte temperature sociali si sente parlare da vent’anni.

L'autore: Redazione

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