Il (non) senso dei tacchi a spillo per Gasparri

Pubblicato il 28 Agosto 2013 alle 20:49 Autore: Gabriele Maestri
maturità gasparri seconda prova prima vanessa e greta

Viene quasi da pensare che Gasparri abbia dovuto soccorrere qualche collega falcidiata da una camminata coi tacchi nella zona parlamentare.

Il suo motto definitivo sembra essere “Con le scarpe basse si cammina più veloce, si parla con più persone e si seminano meglio le idee“.

Il ricordo, però, va all’indietro, a quando nel 2010 (tra l’altro verso la fine di agosto) Barbara Contini, allora senatrice del Pdl e non ancora in forza a Fli, sempre nel salotto di Klaus Davi disse che “Nel Pdl non amano le donne forti, in gamba, le donne con idee. Ne hanno paura. Quanto a quelle che fanno carriere su tacchi a spillo e armate di minigonne dico: mi dispiace per la gente, per gli elettori, per chi avrebbe voluto rappresentanti competenti e all’altezza …”.

daniela santanche su sentenza processo mediaset condanna berlusconi

La presero male, anzi malissimo altre donne del Pdl (da Jole Santelli a Giorgia Meloni, fino alla non ancora ministro Beatrice Lorenzin), ma indimenticabile fu la risposta di Daniela Santanchè, all’epoca sottosegretario, secondo la quale “I tacchi a spillo logorano chi non ce l’ha. Alla Contini consiglio quindi un bel paio di tacchi a spillo, dato che per portarli ci vuole equilibrio e anche coraggio”.

La futura Pitonessa, insomma, non sarebbe proprio in linea con il canone estetico-politico di Gasparri: sarà per questo che, a Davi che gli chiedeva se la Santanchè avrebbe potuto essere il nuovo segretario di Forza Italia, lui ha risposto ellittico “Mah, non so se lei abbia questa ambizione, io credo che Alfano sia un ottimo segretario”?

L'autore: Gabriele Maestri

Gabriele Maestri (1983), laureato in Giurisprudenza, è giornalista pubblicista e collabora con varie testate occupandosi di cronaca, politica e musica. Dottore di ricerca in Teoria dello Stato e Istituzioni politiche comparate presso l’Università di Roma La Sapienza e di nuovo dottorando in Scienze politiche - Studi di genere all'Università di Roma Tre (dove è stato assegnista di ricerca in Diritto pubblico comparato). E' inoltre collaboratore della cattedra di Diritto costituzionale presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Parma, dove si occupa di diritto della radiotelevisione, educazione alla cittadinanza, bioetica e diritto dei partiti, con particolare riguardo ai loro emblemi. Ha scritto i libri "I simboli della discordia. Normativa e decisioni sui contrassegni dei partiti" (Giuffrè, 2012), "Per un pugno di simboli. Storie e mattane di una democrazia andata a male" (prefazione di Filippo Ceccarelli, Aracne, 2014) e, con Alberto Bertoli, "Come un uomo" (Infinito edizioni, 2015). Cura il sito www.isimbolidelladiscordia.it; collabora con TP dal 2013.
Tutti gli articoli di Gabriele Maestri →