Elezioni e politiche di bilancio: la settimana scandinava
La politica fiscale è un argomento che il leader laburista Stefan Löfven tocca con cautela e determinazione. L’aveva già detto in primavera, l’ha ribadito in questi giorni di fine estate: non deve passare l’idea che il partito socialdemocratico sia il partito delle tasse.
I laburisti si stanno però muovendo anche in altre direzioni. La scorsa settimana i quotidiani avevano svelato le strategie del partito di Löfven: entrare a gamba tesa nel dibattito sulle aree rurali, per rubare elettori al Partito di Centro e colpire quello che è l’anello debole dell’alleanza di governo di centrodestra.
Il rischio per i centristi è enorme e la leader Annie Lööf lo sa: per questo ha reagito con veemenza, accettando la sfida e invitando i socialdemocratici a un confronto aperto sui temi dello sviluppo delle aree rurali: “Siamo pronti a discutere con loro in ogni villaggio, in ogni centro industriale, a ogni incrocio” ha dichiarato Lööf.
Nel frattempo ci sono questioni più immediate da gestire. Il ministro delle Finanze Anders Borg ha presentato la scorsa settimana la sua bozza di bilancio statale: fondi per stimolare la crescita e l’occupazione, insieme a un’attenzione agli equilibri delle casse statali. Ma il piano non è piaciuto né all’opposizione né ai sindacati.
A Copenhagen invece è di scena il balletto dei numeri. Il governo danese sarebbe infatti pronto a sforbiciare ancora una volta le previsioni di crescita. È quanto ha scritto il quotidiano Børsen. A fine anno scorso era stato detto che il 2013 si sarebbe chiuso con una crescita dell’1,6 per cento. Poi quel valore era stato abbassato a 0,7 e poi a 0,5. Ora pare che la crescita si limiterà a un modesto 0,2 per cento. Una cattiva notizia che va in controtendenza con quel clima di cauto ottimismo che si respira in Danimarca: la fiducia dei consumatori danesi ad agosto ha infatti raggiunto i livelli più alti dal 2007.
Anche in Finlandia sono le questioni economiche a prendersi i titoli. Il premier Katainen ha annunciato che non ci saranno nuovi tagli alla spesa pubblica, ma che la crescita del debito è un fatto che preoccupa. Dal Partito di Centro e dai Veri Finlandesi all’opposizione arrivano comunque critiche: tasse troppo alte, politiche economiche troppo restrittive, i problemi della Finlandia negli ultimi anni si sono aggravati.
Intanto Timo Soini, leader dei Veri Finlandesi, guarda già avanti: in una intervista al Turun Sanomat ha dichiarato che vuole portare il suo partito nel prossimo governo e una volta lì spingerà per non sostenere più i piani di salvataggio europei delle nazioni indebitate. Solite parole, solito programma.
Secondo Soini, le elezioni del 2015 determineranno una situazione complessa: tre dei quattro grandi partiti del paese – laburisti, Partito di Coalizione Nazionale, Partito di Centro e Veri Finlandesi – dovranno alla fine governare insieme. La domanda è: quale partito tra questi quattro resterà fuori? Nelle previsioni di Soini, quel partito non è il suo.