Il Papa risponde a Repubblica: “Dialogo anche con chi non crede”

Pubblicato il 11 Settembre 2013 alle 17:21 Autore: Alessandro Genovesi

Papa Francesco non finisce di stupire. Su “Repubblica” di oggi, infatti, compare la risposta del Pontefice alle due lettere pubblicate da Eugenio Scalfari il 7 luglio e il 7 agosto scorsi, che indirettamente lo interpellavano sul significato della fede.

Da subito Bergoglio sottolinea come sia importante cercare un dialogo anche con coloro che non credono: “Mi pare dunque sia senz’altro positivo, non solo per noi singolarmente ma anche per la società in cui viviamo, soffermarci a dialogare su di una realtà così importante come la fede, che si richiama alla predicazione e alla figura di Gesù”.

Fondamentale l’accenno ad un contatto che deve esserci tra la cultura cristiana e la cultura laica di derivazione illuminista: “La fede cristiana è stata spesso bollata come il buio della superstizione che si oppone alla luce della ragione. Così tra la Chiesa e la cultura d’ispirazione cristiana, da una parte, e la cultura moderna d’impronta illuminista, dall’altra, si è giunti all’incomunicabilità. È venuto ormai il tempo di un dialogo aperto e senza preconcetti che riapra le porte per un serio e fecondo incontro”.

Papa Francesco

Papa Francesco

Questo dialogo, per il pontefice, “non è un accessorio secondario dell’esistenza del credente” essendone invece “un’espressione intima e indispensabile”, che non deve però porre colui che ha fede in una posizione di superiorità, dato che “il credente non è arrogante; al contrario, la verità lo fa umile, sapendo che, più che possederla noi, è essa che ci abbraccia e ci possiede”.

Dopo una prima parte introduttiva, lo scritto di Papa Francesco si fa più specifico e prova a rispondere ai quesiti di Scalfari. Si comincia con l’articolo del 7 luglio scorso.

“Lei mi chiede come capire l’originalità della fede cristiana in quanto essa fa perno appunto sull’incarnazione del Figlio di Dio, rispetto ad altre fedi che gravitano invece attorno alla trascendenza assoluta di Dio. L’originalità, direi, sta proprio nel fatto che la fede ci fa partecipare, in Gesù, al rapporto che Egli ha con Dio e che Egli ha con tutti gli altri uomini, compresi i nemici, nel segno dell’amore. In altri termini, la figliolanza di Gesù, come ce la presenta la fede cristiana, non è rivelata per marcare una separazione insormontabile tra Gesù e tutti gli altri: ma per dirci che, in Lui, tutti siamo chiamati a essere figli dell’unico Padre e fratelli tra di noi. La singolarità di Gesù è per la comunicazione, non per l’esclusione”.

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L'autore: Alessandro Genovesi

Classe 1987, laureato in Giurisprudenza presso l'Università degli Studi di Udine, è da sempre appassionato di politica e di giornalismo. Oltre ad essere redattore di Termometro Politico, collabora con il quotidiano Il Gazzettino Su twitter è @AlexGen87
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