Oslo si batte per la tutela dei valori europei

Pubblicato il 16 Ottobre 2020 alle 19:53 Autore: Luigi Zuccarello

L’UE temporeggia e non prende provvedimenti verso alcune decisioni politiche controverse adottate da paesi come Polonia e Ungheria. Dall’alto della sua collocazione geografica è la Norvegia, uno stato non membro, a tutelare i valori Europei. I limiti del Soft Power adottato da Bruxelles iniziano a farsi sentire?

Il rapporto della Norvegia con l’UE

La Norvegia non è formalmente un paese membro dell’Unione Europea; il popolo norvegese si è espresso in maniera contraria all’adesione nel 1994. Nonostante ciò, il paese scandinavo è comunque entrato a far parte del mercato unico europeo grazie all’adesione al famoso SEE (accordo sullo spazio economico europeo). Questo patto ha fra i suoi obiettivi la riduzione delle disparità economiche tra gli attori firmatari. È per questo motivo che il governo norvegese è vincolato a versare ingenti somme di denaro a quindici paesi membri dell’Unione (quelli economicamente più deboli), tra cui Ungheria e Polonia. Negli ultimi anni però gli standard richiesti da Oslo per accedere ai fondi erogati sono diventati sempre più rigorosi e stringenti, soprattutto in materia di diritti umani.

Diversi modi di agire

La Norvegia non condivide l’utilizzo dei mezzi “soft” con cui Bruxelles continua a trattare le violazioni dello stato di diritto in casa propria, con particolare riferimento ad Ungheria e Polonia. Mentre slitta l’attivazione del nuovo meccanismo sanzionatorio previsto della Commissione Europea, il governo di Oslo ha deciso di agire nei confronti di Budapest e Varsavia. Circa 400 milioni di euro destinati ai due Paesi dell’ex blocco sovietico sono stati bloccati e congelati. Questa decisone è stata presa a fronte delle violazioni dell’indipendenza dei giudici e dei diritti della comunità LGBTQ attribuite ai due paesi.

I precedenti

Il governo norvegese, in carica dal 2013 e guidato da Erna Solberg (Partito Conservatore), ha sospeso l’erogazione delle sovvenzioni già diverse volte negli ultimi anni.
La prima volta nel 2014, quando la Norvegia decise di sospendere tutte le sovvenzioni dirette all’Ungheria (214 milioni di euro) per i successivi sette anni. Il motivo? Il governo del primo ministro ungherese Viktor Orbán aveva tentato di usare i soldi violando le regole stabilite dal sistema delle sovvenzioni. A febbraio di quest’anno invece Oslo ha congelato l’erogazione di 65 milioni di euro destinati a finanziare un progetto relativo a tribunali e carceri polacche. Questo blocco è avvenuto a causa della sempre più marcata perdita d’indipendenza del potere giudiziario in Polonia. A settembre, inoltre, la Norvegia ha escluso da un programma di circa 100 milioni di euro le città polacche che lo scorso anno avevano vietato “l’ideologia LGBT”, definita “peggiore del comunismo” da alcune autorità locali.

Il clima odierno

Il governo norvegese ha affermato di aver esaminato i valori stabiliti nella Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Successivamente, ha giudicato le dichiarazioni polacche sulle zone libere da LGBTQ incompatibili con tali valori. Oslo ha fatto “in piccolo” quello che l’Europa discute da anni: creare un meccanismo sanzionatorio che comporti il congelamento dei fondi europei per i paesi membri che violano lo stato di diritto. Le violazioni di Polonia e Ungheria sono state accertate dai giudici europei rispettivamente nel 2017 e nel 2018. Ad oggi però i governi di Varsavia e Budapest non hanno mai subito alcuna considerevole ripercussione. Il Soft Power adottato dall’Unione Europea, in questi casi, sembra non dare i risultati auspicati.