Storace: “In Italia c’è tanta voglia di destra Simbolo di An? Se ci fanno causa, perdono”

Pubblicato il 11 Novembre 2013 alle 17:23 Autore: Gabriele Maestri
storace vilipendio

 

Forse non avrà fatto tombola sabato, ma è convinto di aver fatto almeno cinquina. Perché Francesco Storaceleader della Destra, una folla così grande alla presentazione del Movimento per l’Alleanza nazionale – la nuova federazione dei partiti della destra italiana – non se l’aspettava proprio.

Per lui è il segno che in Italia c’è voglia di destra e che la storia di An non è finita. Anche a dispetto della Fondazione An, che attraverso il presidente Franco Mugnai ha invitato a non usare il simbolo. Storace però non cambia idea: “Loro non credono più in An e ne gestiscono i beni; noi crediamo in An e non vogliamo gestirne i beni, avremo diritto di usare quel simbolo?” Di questo parliamo con il fondatore della Destra e, già che ci siamo, anche dei rapporti con altre forze di quell’area. Che Storace non andrà a cercare, ma spera possano ritrovare l’unità.

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Storace, può dirsi soddisfatto dell’iniziativa di “lancio” di sabato?

Assolutamente sì: c’è stata una partecipazione popolare straordinaria. Credo anche inaspettata dai più.

Lei cosa si attendeva?

Beh, non mi aspettavo tutta quella gente. Non so quante persone ci fossero, ma era un numero enorme, rispetto a quello che ci si poteva immaginare. In fondo l’evento era organizzato da partiti che sono passati attraverso prove elettorali deludenti a febbraio, ci poteva anche essere un “effetto demotivazione”, no? Invece è successo esattamente il contrario.

Lo considera un buon inizio?

Non c’è dubbio.

Già dal giorno prima però c’è una grana, quella del simbolo…

Mah, guardi, non riesco a capire perché ci dovrebbe essere una grana. La Fondazione An non è un partito, non è che si presenta alle elezioni. Quindi non ho capito cosa vogliono da noi.

Eh, ma nella fondazione sono rappresentati soprattutto gli ex An che ora stanno in due partiti – il Pdl, almeno per un po’, e Fratelli d’Italia – che non partecipano alla vostra operazione. Ci fosse stato qualcuno di loro, magari non vi sarebbe arrivata una diffida…

Beh, alla nostra manifestazione, in prima fila, c’era uno dei consiglieri della fondazione, Egidio Digilio e lui sta lì in quota Fli, che è uno dei promotori della nostra federazione.

Quindi secondo lei perché permane questo atteggiamento da parte della fondazione, per lo meno per bocca del presidente Franco Mugnai?

Perché loro vogliono seppellire una storia, è profondamente sbagliato. Vede, io non contesto la legittimità della posizione di chi dice “Io in An non ci credo più”. Vorrei capire perché non ci debba credere io. Loro impediscono a me di credere in un partito e in un simbolo che hanno scelto loro; ora il partito in cui hanno fatto confluire il partito in cui non credevano più si scioglie a sua volta. Ma ‘sto povero elettore di destra quanti stress deve subire?

alleanza nazionale

Secondo lei la maggioranza degli ex An è con voi o al di fuori?

Ma questo lo diranno i miei elettori, lo diranno. Io voglio semplicemente avere il diritto di far esprimere gli elettori su questo simbolo. Poi, scusi, lei che è esperto di simboli dei partiti, chi ha il diritto d’autore sul contrassegno di Fratelli d’Italia? Questa storia che c’è il diritto prevalente… chi l’ha detto? Se persino l’inno nazionale diventa un simbolo di parte, io non posso usare Alleanza nazionale? Abbiamo fondato un movimento che si chiama Movimento per l’Alleanza nazionale, non lo possiamo fare? Non è che Alleanza nazionale oggi esiste: è stata sciolta. La fondazione doveva servire per raccoglierne i resti, finché c’era il Pdl. Ora che il Pdl non c’è più, i resti chi li raccoglie?

Beh, questo è il frutto della situazione per cui sciogliere un partito in Italia è praticamente impossibile…

Beh, ci facciano causa, che dobbiamo fare… ma qui veramente allora la politica non si può più fare. Il fatto in sé, nudo e crudo è: loro non credono più in An e ne gestiscono i beni; noi crediamo in An e non vogliamo gestirne i beni. Abbiamo questo diritto di non gestire i beni e presentarci all’elettore con quel simbolo? E’ questa la questione.

E dovessero farvi causa?

La pèrdono! Se uno dice “io non ci credo più e impedisco a lui di crederci”, non credo che sia normale.

Il fatto che con voi ci sia anche la Fiamma tricolore, che in Alleanza nazionale non è mai entrata proprio perché non ha mai condiviso quella scelta, come lo giudica?

Eh, questo dovrebbero salutarlo positivamente, perché vuol dire che c’è stata una maturazione determinata anche da una congiuntura politica. Cioè, quando la Fiamma tricolore dice no ad An, nel 1995, lo dice in omaggio a una sua valutazione politica: “la casa madre non ci piace, tentiamo di fare l’assalto alla fortezza e ci costituiamo in proprio”. Oggi a destra non c’è più la casa madre perché è arrivato Beppe Grillo. Allora è molto meglio riunirsi attorno a quel simbolo e tentare di dare una speranza diversa a questo paese. Io apprezzo quello che ha fatto Romagnoli, tra l’altro lo ha annunciato non ieri ma a luglio a Orvieto, al nostro comitato centrale, quando disse che “oggi” avrebbe ripensato alla sua scelta di allora a Fiuggi. Quando io sono uscito da An – perché non è che qualcuno è uscito e qualcuno c’è rimasto: siamo usciti tutti quanti, io qualche mese prima, gli altri qualche mese dopo – dissi nelle mie motivazioni “Voi ci state portando al partito unico”, quello che poi è successo: non può essere una colpa avere visto giusto.

alleanza nazionale storace gini gasparri

Il primo scontro potrebbe esserci alle elezioni europee…

Beh, io invece spero non ci siano scontri. Spero che ci sia la volontà di restare uniti o di riunificarsi. La nostra iniziativa non vuole essere divisiva, ma unificante aggregante. Senza nemmeno pretendere la prima fila, il palcoscenico principale lo prendano pure altri, non ci interessa: vogliamo stare in prima linea, a combattere. Se io vado a dire pubblicamente “Non me ne frega nulla di stare nella fondazione, tenetevi i soldi”, ma che altro deve dire uno? Poi, se un elettore mi vuole votare, non è che io debbo essere costretto a impedirglielo.

Secondo lei questa federazione, con quel simbolo, può superare gli sbarramenti delle leggi elettorali?

Ma io credo di sì, ma soprattutto vorrei evitare la controprova e farlo tutti insieme. Non è che gli altri sono estranei alla storia di Alleanza nazionale, che è storia di quattro anni fa, non quaranta.

Quindi c’è qualche possibilità che chi è ancora in Fratelli d’Italia o nel Pdl…

Guardi, sicuramente io non vado a caccia di chi è in Fratelli d’Italia: sarebbe la cosa più sbagliata, un agire a dispetto. Io spero che sia Fdi a decidere con noi, non qualcuno che è all’interno.

Beh, loro in questo momento mi pare abbiano un progetto un po’ diverso, con Officina Italia.

C’è un dato: Officina Italia scrive nei comunicati che incontrerà le altre forze politiche. A noi nessuno ha chiesto incontri ancora eh? Ora, che si pretenda che gli altri debbano stare a mani giunte ad aspettare, mi pare eccessivo. Se invece mi si dice “vediamoci e parliamone”, è diverso.

scheda elettorale

C’è voglia di destra in Italia?

Ce n’è tanta, altrimenti non si spiega perché, nonostante la presenza di Grillo, ci sia il 50% dell’elettorato che, non andando più a votare, non si sente rappresentato da quelli che ci sono. Ci sarà pure un pezzo abbondante all’interno di quell’elettorato che ha votato a destra, che magari odia questa moneta, che vuole che qualcuno dica che l’Italia si rispetta e non si disprezza, come sembra fare la Merkel…

Quindi per lei è sbagliato dire, come molti sostengono, che chi vota Grillo viene soprattutto da sinistra…

Beh, Grillo fa eleggere gente di sinistra ma prende voti anche a destra, non c’è dubbio.

L'autore: Gabriele Maestri

Gabriele Maestri (1983), laureato in Giurisprudenza, è giornalista pubblicista e collabora con varie testate occupandosi di cronaca, politica e musica. Dottore di ricerca in Teoria dello Stato e Istituzioni politiche comparate presso l’Università di Roma La Sapienza e di nuovo dottorando in Scienze politiche - Studi di genere all'Università di Roma Tre (dove è stato assegnista di ricerca in Diritto pubblico comparato). E' inoltre collaboratore della cattedra di Diritto costituzionale presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Parma, dove si occupa di diritto della radiotelevisione, educazione alla cittadinanza, bioetica e diritto dei partiti, con particolare riguardo ai loro emblemi. Ha scritto i libri "I simboli della discordia. Normativa e decisioni sui contrassegni dei partiti" (Giuffrè, 2012), "Per un pugno di simboli. Storie e mattane di una democrazia andata a male" (prefazione di Filippo Ceccarelli, Aracne, 2014) e, con Alberto Bertoli, "Come un uomo" (Infinito edizioni, 2015). Cura il sito www.isimbolidelladiscordia.it; collabora con TP dal 2013.
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